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“Fermate il saccheggio dei boschi”, 75 associazioni scrivono ai ministri

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Mariarita Signorini (Italia Nostra): “Quest’adesione massiccia significa che abbiamo sollevato un problema vero e molto sentito dai cittadini”.

 

Redazione

Sono 75 le associazioni nazionali e locali che hanno sottoscritto la lettera appello a tutela dei boschi indirizzata ai ministri Franceschini, Costa e Bellanova. E il numero delle adesioni sembra destinato ad aumentare.
“Questo significa che abbiamo sollevato un problema vero e molto sentito dalla cittadinanza” spiega Mariarita Signorini, già presidente nazionale e ora consigliere di Italia Nostra nonché vicepresidente di Italia Nostra Toscana.

Alcuni mesi fa il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso di Italia Nostra, WWF Grosseto e Lac Toscana riguardante la pineta del Tombolo in Maremma, ha sancito che per poter procedere all’attività selvicolturale in boschi sottoposti a vincolo paesaggistico è necessaria l’autorizzazione della Soprintendenza. Un successivo parere della Soprintendenza di Siena, Arezzo e Grosseto ha bloccato vari progetti di interventi selvicolturali sul monte Amiata. Questo ha scatenato un’ondata di proteste da parte del mondo agro-forestale e di molti Comuni.

“Questo appello – prosegue Signorini – è in risposta alle lettere, di ben altro tenore, indirizzate agli stessi Ministeri da parte di categorie professionali e forestali strettamente connesse al mondo produttivo e da certi ambienti accademici, in cui si invita a non tener conto del parere delle Sovrintendenze a tutela dei boschi in zona di vincolo. Le argomentazioni portate avanti dal mondo produttivo sono inaccettabili per chiunque abbia a cuore la tutela dell’ambiente boschivo italiano: viene espressa una concezione del paesaggio incentrata su una visione antropocentrica di mero sfruttamento delle risorse che risponde a logiche oramai sorpassate, in tempi in cui i cambiamenti climatici imporrebbero ben altro atteggiamento nei confronti del nostro patrimonio forestale”.
Di seguito il testo della lettera.

Lettera-appello ai Ministri dei Beni Culturali, dell’Ambiente e dell’Agricoltura per la tutela dei boschi

Firenze, 11 novembre 2020

Egregi Ministri, da alcuni anni nella società civile sta crescendo la sensibilità per il paesaggio forestale, spesso deturpato da un tipo di selvicoltura non rispettosa degli aspetti ambientali e paesaggistici espressi dalle foreste. Ormai è consolidato e metabolizzato dal nostro ordinamento giuridico l’orientamento della Corte Costituzionale, che ha sottolineato proprio come ambiente e paesaggio siano beni comuni immateriali di preminente interesse pubblico, la cui salvaguardia deve costituire un limite all’utilizzo del legno prodotto dalle foreste.

Questo concetto giuridico non è tuttavia ancora pienamente recepito dalla legislazione vigente, che è tendenzialmente orientata a coordinare le numerose e discordanti legislazioni regionali nella comune visione del bene foresta inteso come risorsa economica da sfruttare, seppur nella dovuta regolamentazione.

La recente approvazione del TUFF (Testo Unico Forestale – Dlgs 34 del 2018) ha bene espresso il contrasto ormai acuto tra gli interessi e le economie che hanno nei servizi eco sistemici colturali e di regolazione la loro primaria risorsa e le economie che utilizzano il bosco come fonte di materiale legnoso. Se è legittima la convivenza di queste economie, nel rispetto dei principi costituzionali, non possiamo tuttavia ignorare come l’approvazione del TUFF sia avvenuta con molte polemiche, non solo da parte della società civile organizzata in associazioni e comitati, ma anche dal mondo accademico delle scienze biologiche e naturali, mentre l’attuale impostazione filo-produttivistica del TUFF è stata voluta, scritta e difesa solo da una parte del settore accademico e della ricerca applicata del mondo forestale, forte dell’appoggio e del monopolio culturale del Ministero dell’Agricoltura.

Nella lettura del TUFF è inoltre evidente il contrasto che vi è stato tra il Ministero dei Beni Culturali e quello dell’Agricoltura per ciò che concerne il delicato aspetto del coordinamento con il Codice dei Beni culturali e la questione del “taglio colturale” nelle aree tutelate o meno da provvedimento, espressa dal combinato disposto degli artt. 136, 142 e 149 del Codice. In tutto il testo legislativo il vincolo paesaggistico è trattato come un orpello all’utilizzo economico diretto del territorio forestale, tanto da aver creato un pericoloso e confuso regime di deroghe che rischia concretamente di rendere inapplicabile il regime di tutela.

Anche nelle aree tutelate da provvedimento amministrativo, dove ormai sembrava pacifica la supremazia del MiBACT sulle competenze regionali, la recente applicazione di questa norma, ribadita non solo dal precedente orientamento di questo Ministero, ma anche dal recentissimo “parere” relativo a un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, presentato da Italia Nostra nazionale, WWF Grosseto e Lac, sul piano antincendio della Pineta litoranea del Tombolo in Toscana, ha ingenerato forti conflitti.

La Soprintendenza di Siena e Grosseto, in seguito a questo pronunciamento del Consiglio di Stato, ha applicato la richiesta di autorizzazione paesaggistica, per gli usi forestali in aree tutelate dal Codice dei Beni Culturali, anche sul Monte Amiata. Da qui si è scatenata, da parte delle associazioni di categoria del comparto forestale e dall’Ordine degli Agronomi la pretesa di derogare alla legge, violata, o mal interpretata, forti della volontà di mettere a confronto, ovvero in contrasto, tutela paesaggistica versus libertà di impresa e quindi posti di lavoro a essa collegati.

La Soprintendenza ha invece richiesto che sull’Amiata, nel rispetto della zona di vincolo, venisse lasciato un numero quadruplo di matricine rispetto al ‘governo’ a ceduo semplice, cosa che non inficerebbe le locali attività produttive ma tutelerebbe invece il paesaggio, garantendo contemporaneamente l’assetto idrogeologico di quei pregevoli territori (già duramente provati dalle catastrofiche alluvioni dello scorso anno).

Si tratta dunque di una sleale e scorretta levata di scudi del mondo delle imprese economiche e forestali, (dopo che le rispettive competenze erano già state ampiamente discusse, negoziate e chiaramente sancite nel TUFF) in nome di un giudizio di presunta “incompetenza” del personale delle Soprintendenze per giudicare gli aspetti paesaggistici della foresta, come se tutte le foreste fossero esclusiva competenza e proprietà del mondo forestale e non anche bene comune di eminente interesse sancito dall’articolo 9 della Costituzione.
Come evidenziato dai noti e autorevoli pareri dell’Ufficio Legislativo del MiBACT la ratio della tutela provvedimentale, derivando dalla Legge Paesaggistica voluta da Benedetto Croce, è quella dell’aspetto estetico, nel quale le Soprintendenze hanno una storica e indiscussa competenza e supremazia.

Purtroppo la lettura del paesaggio effettuata dalle categorie professionali e forestali strettamente connesse al mondo produttivo non tiene in considerazione che quella “interazione tra uomo e sistema naturale”, riportata dalla Convenzione di Firenze, Legge del 9 gennaio 2006 n.14 “Ratifica della Convenzione Europea sul paesaggio, Firenze 20 ottobre 2000” e dal vigente Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici, non può che essere quel rapporto virtuoso che denota equilibrio e rispetto nello sfruttamento delle risorse naturali, equa distribuzione della ricchezza e rispetto dell’utilizzo ragionevole delle risorse ambientali. Altrimenti tutto, indistintamente, sarebbe paesaggio, anche il rapporto predatorio dell’uomo sul territorio e in nome del quale si rischierebbe di compiere ogni scempio.

In particolare, la diffusione del ceduo rappresenta invece, da sempre, quel rapporto predatorio, consolidatosi con l’affermazione del moderno sistema economico. Il fatto che esista da molto tempo non ne giustifica il ruolo paesaggistico, così come non lo giustifica il solo concetto di casa che, pur esistendo da millenni, a causa della speculazione edilizia recente, ha devastato i più pregiati paesaggi del nostro Paese. Ricordiamo che il primo bene paesaggistico tutelato nell’Italia Unita è stata proprio una foresta: la Pineta di Ravenna.

Attualmente, anche in base a recenti ricerche, risulta che il ceduo sia la forma di governo meno compatibile con la fornitura di servizi ecosistemici di regolazione e culturali e non lo si può, proprio per questo, definire una forma di gestione forestale sostenibile. Adesso quella “percezione delle popolazioni” che, secondo la Convenzione di Firenze, dovrebbe caratterizzare il paesaggio, si sta manifestando fortemente attraverso le associazioni ambientaliste riconosciute e i comitati dei cittadini, sui social e sulle piazze, in difesa delle foreste e del verde urbano, dando luogo alla più vasta manifestazione del pensiero libero, che chiede “il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Proprio in considerazione della complementarità del bosco e della natura allo sforzo lavorativo e produttivo, che non può ridursi al rapporto lavoro-salario, ma necessita di tempi e spazi di recupero spirituale e psicologico che solo le foreste ben gestite sanno garantire.

Il ceduo estremamente diffuso e il taglio raso, privando il cittadino – lavoratore del bosco per un tempo troppo lungo rispetto al tempo della vita umana, provocano un vero e proprio “spaesamento”, una perdita di “paese” inteso come paesaggio e conseguente perdita di riferimenti culturali e psicologici; per questo sono da mettere al bando, almeno nelle aree tutelate ex art. 136 del Codice, e possibilmente da tutti i boschi, atteso che altri metodi di gestione garantiscono lo stesso, se non un maggiore reddito.

Le scriventi Associazioni esprimono innanzitutto solidarietà al personale delle Soprintendenze, che adesso deve sostenere il peso di queste ingiuste affermazioni di incompetenza. A tutti coloro che tutelano il paesaggio vanno il nostro appoggio e la nostra stima.

Auspichiamo che Lei, signor Ministro dei Beni Culturali, non arretri di un millimetro di fronte alle richieste di smantellamento della tutela paesaggistica che le sono pervenute e le perverranno, anche tramite il Ministero dell’Agricoltura.
Auspichiamo inoltre che Lei, Signor Ministro dell’Ambiente, si faccia parte attiva per una maggior tutela degli ecosistemi forestali, in particolar modo nella Rete Natura 2000 e nelle aree protette, dove il TUFF ha inteso indebolire le Sue competenze a favore di quelle delle Regioni e del Ministero dell’Agricoltura.
Auspichiamo che Lei, gentile Ministro dell’Agricoltura, a cui inviamo il presente appello per Sua conoscenza, intenda prendere opportuni provvedimenti al riguardo.
(Segue elenco delle associazioni aderenti)

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