Per ridurre i rifiuti cominciamo ad analizzare i nostri piccoli gesti quotidiani, per esempio il modo in cui facciamo la spesa.
di Laura Lop
Non lo avrei mai pensato, eppure occuparsi di rifiuti è una fantastica occasione per studiare una materia che da sempre mi attrae: la sociologia.
Mi piace fermarmi ad analizzare i nostri comportamenti durante i gesti quotidiani come fare la spesa, relazionarsi con se stessi e con gli altri, valutare le scelte e il modo con cui spendiamo il nostro tempo, cercando di cogliere sfumature di consapevolezza e stati d’animo.
Faccio parte di gruppi virtuali dove si discute di sprechi e di come non produrre il minimo briciolo di rifiuto, arrivando a ipotizzare soluzioni veramente estreme come la carta igienica lavabile… Ma sono anche parte di quella società che butta vasche da bagno giù dai dirupi, scarti di lavorazione di ogni genere nei boschi, stufe di ghisa dentro cassonetti, scarichi di depurazione nei corsi d’acqua, per arrivare alla bottiglia di plastica fuori dal finestrino o alle cicche in qualsiasi posto ci si trovi. Il tutto senza il minimo rimorso di coscienza, freddamente, forse pensando di essere pure furbi.
Rifletto molto su come sia possibile vivere nello stesso momento storico, nello stesso Paese, con simili piani scolastici e culturali e ottenere cittadini con una coscienza civica così differente. La spiegazione che riesco a darmi è quella di una mancanza di empatia e di visione generale.
Nessuno vuole un inceneritore sotto casa ma sono in molti a predicare la necessità di sostenerli anche con fondi pubblici, affannandosi a smontare o complicare qualsiasi modello di gestione alternativo.
Chi mai riempirebbe la propria abitazione di spazzatura accatastata e sotterrata, di aria malsana, di acqua avvelenata? La trasposizione tra l’orticello individuale e il pianeta su cui poggia dovrebbe essere una semplicissima similitudine, se sporco più in là è tale e quale a come se sporcassi qua.
Una misura prettamente psicologica presa da alcuni Comuni italiani è stata quella di sostituire il sacco nero dei rifiuti indifferenziati con un sacco di colore chiaro. Il motivo è che quanto buttiamo a incenerimento/discarica deve essere ben visibile perché deve essere studiato, riprogettato e tolto in quella veste dal mercato.
I rifiuti non sono una vergogna da nascondere nel cassonetto, nel bosco, nelle fogne. I rifiuti sono gli scarti che derivano dal nostro stile di vita e di cui dobbiamo farci carico perché come boomerang ci tornano indietro sotto forma di inquinamento.
Quando riusciamo a mantenere la lucidità di una mente calma e stanziata nel presente, il nostro futuro ne risente in modo positivo. Iniziamo dal modo in cui esercitiamo il nostro potere d’acquisto per indirizzare le aziende verso un modo di fare profitto che non succhia la linfa vitale della Terra.
Iniziamo dall’osservarci.
Laura Lo Presti vive sulle colline del Montalbano, circondata dalla Natura e dai suoi gatti. Attivista ambientale per passione, collabora con il Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori (www.rifiutizerocapannori.it) e con Ekoe società cooperativa (www.ekoe.org) per la commercializzazione di stoviglie e imballi ecologici.
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