Secondo lo studio realizzato dall’ateneo pisano con Ispra e altri istituti di ricerca queste specie potranno trovare rifugio solo nelle regioni polari.
Redazione
30 ottobre 2024
PISA – Gli effetti del riscaldamento globale non riguardano solo l’ambiente terrestre. Le foreste marine e le alghe, tra cui la Posidonia oceanica, rischiano di estinguersi entro il 2100 con una riduzione fra l’80 e il 90% a livello mondiale degli ambienti adatti alla sopravvivenza di queste specie che potranno trovare rifugio solo nelle regioni polari.
A lanciare l’allarme è uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications condotto dalle Università di Pisa e di Helsinki, dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e dal Centro di eccellenza australiano per la Biodiversità e il patrimonio naturale (CABAH).
Attraverso modelli statistici la ricerca ha mappato la distribuzione di 207 specie, 185 macroalghe brune e 22 fanerogame, a partire dal 2015 con proiezioni annuali sino alla fine del secolo. Questi organismi, presenti in grande quantità sulle coste, sono essenziali per la vita marina in quanto producono ossigeno attraverso la fotosintesi, immagazzinano anidride carbonica, contribuiscono a mantenere un’elevata biodiversità, fanno da ‘nursery’ a numerose specie di pesci e crostacei e proteggono dall’erosione costiera.
“La questione è globale, le foreste macroalgali popolano le coste rocciose di tutto il mondo, dalla battigia ad alcune decine di metri di profondità – spiega il professor Lisandro Benedetti-Cecchi del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa – Nel Mediterraneo queste sono costituite prevalentemente da alghe brune arborescenti del genere Cystoseira, piante le cui “chiome” si innalzano dal fondo per alcune decine di centimetri formando delle vere e proprie foreste in miniatura. Insieme a Posidonia oceanica, le alghe arborescenti sono una riserva di energia che alimenta il funzionamento dell’intero sistema marino costiero e in ultima analisi la nostra vita sulla terraferma”.
L’impatto del cambiamento climatico secondo lo studio non sarà comunque uniforme a livello globale, con zone che potranno perdere o guadagnare in termini di biodiversità, in un bilancio complessivo comunque negativo. Secondo le stime le foreste di macroalghe e le fanerogame diminuiranno soprattutto in Europa, nel Mar Baltico, nel Mar Nero, nella costa pacifica del Sud America, nella penisola coreana e nelle coste nord-occidentali e sud-orientali dell’Australia.
“Gli studi sul cambiamento climatico di solito riguardano l’ambiente terrestre mentre il mare resta relativamente inesplorato – conclude Benedetti-Cecchi – questo lavoro vuole ribaltare la prospettiva e quantificare i cambiamenti globali che riguardano l’ecosistema marino”.
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