Affinchè sia garantito un giusto reddito a chi lavora con buoni propositi e un giusto prezzo per il cibo che fa bene, sia a chi lo mangia che all’ambiente.
di Rosario Floriddia
L’11 febbraio si è svolta, da remoto, l’assemblea ordinaria del Coordinamento Toscano dei Produttori Biologici (CTPB), associazione di soli agricoltori che praticano agricoltura bio. La seconda assemblea dopo un quasi silenzio dal 2011. La prima, per costituire un nuovo direttivo e un nuovo presidente, è stata, in presenza, nell’azienda agricola Il Cerreto di Pomarance (Pi) il 2 settembre 2020. C’erano presenti circa 40 aziende, bio e biodinamiche.
Il nuovo direttivo è composto da 11 consiglieri (un po’ di tutta la Toscana) più il presidente che è il giovane Manuele Bianucci di San Miniato.
Anche per il CTPB, come per FederBio (presidente Mariagrazia Mammuccini) e FederBio Toscana (presidente Alberto Bencistà), i primi di gennaio c’è stata l’occasione di un incontro con l’assessore all’Agricoltura della Regione Toscana Stefania Saccardi (l’ho appreso da questo sito). Un incontro positivo che chiama il CTPB a essere presente nei tavoli di concertazione promossi in futuro dall’assessorato all’Agricoltura.
Cosa molto utile per noi agricoltori, e non solo, affinché ci sia in Regione una voce piena e fiera da parte del mondo del bio. Rammento che il CTPB è socio – come lo è ToscanaBio per l’ambiente – in FederBio. Insomma un bel gruppo rappresentato, secondo il mio modesto parere, da persone perbene e soprattutto che sanno cosa è un’agricoltura che all’ambiente ci tiene.
Un’altra positiva novità, e cito solo quello che ho visto in pratica con i miei occhi, è il forte interesse che il presidente di Coldiretti Toscana Fabrizio Filippi mette per il bio; come il presidente della Cia pisana Stefano Berti si dia da fare per i distretti bio nei distretti rurali e infine come il mio confinante, il presidente di Confagricoltura pisana, abbia messo tuttta l’azienda a bio (dopo decenni di categorico rifiuto) con invidiabile dedizione.
Se son rose fioriranno, disse chi coltivava tulipani e non gli sbocciavano… mi è venuta così, scusate.
Solo poco più di un anno fa il dato della SAU (Superficie Agricola Utilizzata) a bio in Toscana si aggirava intorno al 25%, oggi siamo al 32%.
Tanti dicono che un’impennata così repentina è dovuta alla speranza che anche la nuova PAC continui con il primo pilastro (contributi diretti, detti anche a pioggia) dove la misura per il passaggio al bio, o il mantenimento, dà diritto alle aziende agricole a un premio per ettaro di circa 250 euro. E per vigne e olivi molto di più. Indipendentemente che si coltivi o no.
Molti dicono, un po’ meno dei tanti, che il mercato del cibo sta cambiando e c’è sempre più richiesta di prodotti bio.
Pochi, tra i quali io, dicono che un’evoluzione seria dei distretti bio debba portare velocemente, per esempio, a quello che è già in essere nel virtuoso comune di Carmignano: una mensa bio che privilegia – non dando priorità al prezzo più basso – i prodotti del territorio e comunque toscani (vedi l’articolo su questo sito).
Se si studia attentamente la legge della Regione Toscana sui distretti rurali e distretti bio si capisce bene che tutti, non solo le aziende agricole, siamo invitati a fare comunità, a preservare il territorio e il suolo, a dare un giusto reddito a chi lavora con buoni propositi. E una vera agricoltura biologica, e ancora meglio biodinamica, è indispensabile.
Premiare il cibo che fa bene, sia a chi lo mangia sia al territorio, è un invito a coltivare, a produrre, a vendere. In pratica è il prezzo che dev’essere incentivato al rialzo, non il premio per ettaro, che a parer mio dev’essere un simbolico incentivo ma per tutte le aziende bio e biodinamiche. E più la comunità apprezza il buon nutrimento e il sano paesaggio più il simbolico incentivo deve diminuire, fino a esaurirsi.
Mi ricordo benissimo, tranne l’anno che probabilmente era il 2007, quando il prezzo del grano duro convenzionale superò abbondantemente i 50 euro già a gennaio – febbraio. Dai 20 euro di novembre dell’anno prima. A settembre, tra una battuta e una barzelletta come spesso mi capita, Riccardo delle Officine Bocelli mi raccontava che non aveva mai venduto prima tanti attrezzi usati: “… aratri con la corda invece che con il comando idraulico, frangizolle a quattro sezioni, sgangherati che non l’avrebbe comprati nemmeno il cane…”. Chi aveva della terra, tanta o quasi punta, si era messo a coltivare.
Alla prossima, che spero sarà più interessante.
Rosario Floriddia conduce insieme al fratello Giovanni l’azienda agricola Floriddia, convertita al biologico nel 1987. Rosario fa parte attiva della Rete Semi Rurali e del Coordinamento toscano produttori biologici. Si occupa della selezione dei cereali di vecchie varietà e della loro coltivazione in campo collaborando strettamente con Stefano Benedettelli, genetista dell’Università di Firenze, e Giovanni Cerretelli, agronomo e storico propugnatore del metodo della coltivazione biologica in Toscana. L’azienda sorge sulle colline pisane della Valdera, tra Peccioli e Villamagna di Volterra, su 300 ettari di terreno. Informazioni: ilmulinoapietra.com
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