Fino a pochi anni fa era normale “tombare” i fiumi in canali di cemento. Un tentativo di piegare le forze della Natura che ha avuto, ed ha ancora oggi, conseguenze drammatiche.
di Sandro Angiolini
“Il controllo della Natura” è un libro scritto da un giornalista e saggista americano, John McPhee, che vi consiglio caldamente. In estrema sintesi il libro descrive come, in tre contesti geografici molto diversi, l’Uomo abbia cercato invano di piegare le forze naturali al suo volere, senza ottenere grandi risultati, sprecando invece una enorme mole di risorse. Il libro è uscito nel 1989 e vi assicuro che, vivendo in un Paese come l’Italia, in media ogni 2-3 mesi mi viene voglia di sfogliarlo nuovamente. Perché? Il motivo è presto detto.
Una settimana fa l’attenzione dei media era tutta per un piccolo borgo collinare della Sardegna chiamato Bitti, dove una tremenda alluvione aveva provocato morti e distruzione di cose. Il tono e la sostanza dei servizi realizzati sul posto oscillava fondamentalmente tra due poli: l’anormale quantità di pioggia caduta in quei due giorni (pari a 2/3 di quella che in Toscana cade in media ogni anno) e la burocrazia locale che aveva ritardato colpevolmente la “messa in sicurezza” dei corsi d’acqua responsabili della tragedia.
Solo dopo qualche giorno l’attenzione ha cominciato a spostarsi anche sul fatto (non di modesto conto…) che il torrente che ha provocato il grosso dei danni era stato tombato (cioè completamente chiuso in un canale di cemento) molti anni prima. Sotto la pressione delle piogge il canale che inglobava il torrente non ha retto e il disastro è stato servito.
Il problema principale è che, fino a una decina d’anni fa, la pratica di intubare corsi d’acqua che passavano vicino o dentro i paesi era una prassi assolutamente normale, anche in Toscana. Veniva ritenuta tecnicamente corretta, serviva a dare lavoro alle ditte di costruzione e assicurava apparentemente risultati rapidi e definitivi. Apparentemente; secondo la vecchia logica: “Occhio non vede, cuore non duole”. In questo modo abbiamo permesso l’espansione di periferie residenziali e di centri commerciali là dove la Natura era la forza dominante.
Qualcuno si ricorda le immagini del torrente esondato durante l’alluvione di Genova dell’ottobre 2014, che abbatteva edifici costruiti su quella che era la sua via originaria naturale verso il mare?
Ecco perché “mettere in sicurezza” questo tipo di situazioni mi lascia perlomeno perplesso. Come minimo, assieme allo studio di una realistica messa in sicurezza, occorrerebbe prendere in seria considerazione anche un’altra opzione: demolire le strutture costruite nei pressi dell’alveo di questi corsi d’acqua per ricostruirle altrove. Altrimenti il rischio è che, tra 10 o 20 anni, un evento meteorologico di dimensioni ancora maggiori faccia saltare l’avvenuta “messa in sicurezza”; alla fine, secondo una corretta analisi costi/benefici, ci potrebbe costare di meno. Non dimentichiamocelo: nel governo del territorio le colpe (e i meriti) dei Padri ricadono sempre sui Figli…
OLTRE LA SIEPE è una rubrica settimanale che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possono impattare sulla scala locale e regionale toscana.
Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.
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