La somma messa a disposizione dalla Regione ammonta a 20,4 milioni di euro per gli interventi urgenti ma i problemi sono troppi e vengono da lontano.
Il cambiamento climatico e il dissesto idrogeologico sono due facce della stessa medaglia. Secondo l’ultimo rapporto Il clima è già cambiato di Legambiente, tra le regioni che hanno visto il maggior numero di interventi c’è la Toscana – con 637 sui 6.303 a livello nazionale – che è anche tra le Regioni che hanno ricevuto i maggiori finanziamenti: 602 milioni di euro.
Secondo Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente “il Recovery plan deve contenere la risposta a queste sfide, con risorse per l’adattamento e un cambio della governance che oggi non funziona. Del resto oggi sappiamo che cosa dobbiamo fare, come raccontiamo con decine di buone pratiche nel rapporto. Abbiamo tutte le informazioni e gli strumenti per analizzare le aree coinvolte dai fenomeni e comprendere le cause antropiche che aggravano la situazione, dalle scelte insediative all’abusivismo edilizio, e individuare efficaci strategie di contrasto e adattamento”.
Per la prevenzione del rischio idrogeologico e la riqualificazione dei corsi d’acqua la Regione Toscana ha stanziato 20,4 milioni di euro che serviranno ad attuare 12 interventi ritenuti prioritari e urgenti. I soggetti attuatori saranno direttamente la Regione tramite il Genio Civile, i Comuni di San Miniato e Terranuova Bracciolini e i Consorzi di Bonifica.
Riguardo alla ripartizione delle risorse, quasi 7 milioni sono destinati alla provincia di Firenze per quattro interventi, altri 5 per quella di Massa (1 intervento) e quasi altrettanti per quella di Lucca (3 interventi). Due gli interventi previsti in provincia di Pisa, per un totale di 1,275 milioni di euro, e uno ciascuno in provincia di Arezzo (1,813 mln) e Pistoia (690 mila euro).
Ma ci sono problemi che arrivano da lontano e che non sarà facile risolvere dall’oggi al domani. “Fino a una decina d’anni fa la pratica di intubare corsi d’acqua che passavano vicino o dentro i paesi era una prassi assolutamente normale, anche in Toscana – ha argomentato su questo sito il consulente ambientale Sandro Angiolini -. Veniva ritenuta tecnicamente corretta, serviva a dare lavoro alle ditte di costruzione e assicurava apparentemente risultati rapidi e definitivi. Assieme allo studio di una realistica messa in sicurezza, occorrerebbe prendere in seria considerazione anche un’altra opzione: demolire le strutture costruite nei pressi dell’alveo di questi corsi d’acqua per ricostruirle altrove. Altrimenti il rischio è che, tra 10 o 20 anni, un evento meteorologico di dimensioni ancora maggiori faccia saltare l’avvenuta “messa in sicurezza”; alla fine, secondo una corretta analisi costi/benefici, ci potrebbe costare di meno”.
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