Appassionato divulgatore, ha realizzato centinaia di servizi per RAI 3 in giro per l’Italia. E il suo progetto della Terza Piazza a Firenze è diventato un modello di aggregazione sociale.
di Gabriella Congedo
MONTESPERTOLI (Fi) – A pochi passi dal centro di Firenze, tra anonimi edifici degli anni Sessanta, c’è un posto che mai ti aspetteresti di trovare. Dove c’erano solo delle enormi aiuole tenute a prato adesso ci sono piante, orti, alberi da frutto e poi ancora filari di viti, spirali di erbe aromatiche, un piccolo stagno. Uccellini, api e farfalle volteggiano tra i palazzi, e la frutta e gli ortaggi si possono raccogliere perché quello che cresce qui appartiene a tutti.
È la Terza Piazza, nome un po’ misterioso che definisce questo grande giardino di fronte alla Coop di piazza Leopoldo. L’artefice del progetto è Dario Boldrini, “giardiniere planetario”, come lui stesso si definisce. Una qualifica ereditata da Gilles Clèment, agronomo paesaggista francese. “Uso questo titolo per accendere la curiosità delle persone. Ognuno di noi con i suoi sensi risuona nella natura. Per riscoprire questa sensibilità si interviene con le piante come se lo si facesse per un giardino planetario, che si tratti di un orto su un balcone, di un parco o di un campo coltivato”.
Dario Boldrini è personaggio eclettico e geniale. Come architetto ha progettato giardini per 12 anni in uno studio di Architettura del Paesaggio di Firenze. Ed è proprio a lui si devono alcuni dei primi orti urbani di Firenze.
A un certo punto la sua vita ha preso una direzione più sinuosa e imprevedibile per approdare alla professione di giardiniere planetario e all’associazione Seminaria, aperta insieme alla compagna Elisa. Nel mezzo ci sono un concorso (vinto) come Vigile del Fuoco e centinaia di servizi realizzati per il programma GEO di Rai 3 in giro per l’Italia.
Con l’associazione Seminaria, nel podere di famiglia San Ripoli a Montespertoli, Dario continua a progettare e realizzare giardini e insieme a Elisa, che è scrittrice e si occupa di teatro, organizza laboratori: dall’autoprogettazione di orti e giardini alle tinture naturali e ai saponi con le erbe, dall’orticultura per bambini al laboratorio teatrale. “Mi piace fare divulgazione, vi dedico molta parte del mio lavoro. Il patrimonio naturale si può utilizzare in tanti modi, con una pianta possiamo fare tisane, tinture per i tessuti, decorazioni floreali, le possiamo usare in cucina”.
Un occhio particolare Dario lo riserva ai bambini. In loro ripone il sogno di creare una nuova generazione più sensibile all’ambiente, che non ripeta gli errori delle generazioni passate. Nei laboratori di orticultura che porta in giro per le scuole si impara “ad annusare la terra, a riconoscere le foglie e gli aromi. Significa parlare di ambiente, di ecologia. I bambini sono curiosi e ricettivi, sperimentano, non hanno schemi. In questi laboratori torno bambino anch’io”.
L’avventura della Terza Piazza inizia qualche anno fa, quando Dario propone alla Coop di investire gli stessi soldi impiegati per la manutenzione del prato in un progetto di permacultura sociale. “Era uno spazio brutto, il classico vuoto urbano. Le persone lo attraversavano solo per andare a fare la spesa, nessuno si guardava intorno perché non c’era niente da guardare”. La Coop accetta e l’avventura può iniziare con la partecipazione degli abitanti del quartiere. L’idea si rivela vincente: senza chiamare una ditta esterna, lavorando tutti insieme riescono a piantare più di 160 varietà. Inaugurata nel 2015, la Terza Piazza è diventata un modello di aggregazione sociale. Il verde è bellissimo e le persone adesso si fermano a prendere l’ombra, a leggere un libro o a fare un picnic. Anche nella manutenzione settimanale si cerca di coinvolgere un po’ tutti; accanto ai volontari gli studenti dell’Istituto agrario, i migranti, gli ex tossici del Sert. Lottando contro l’ostilità iniziale Dario è riuscito a inserire anche i parcours, i ragazzi che fanno le acrobazie tra gli spazi urbani, come controllori del giardino. Perché “è importante l’educazione al rispetto e alla condivisione di uno spazio pubblico curato non dagli altri ma da noi stessi”.
In questa originale sperimentazione, la gestione del verde si discosta parecchio dalle regole del giardinaggio classico. “Lasciamo che le piante si esprimano. Non serve intervenire sempre, potare due volte all’anno o togliere i fiori secchi, che danno rifugio agli insetti e da mangiare agli uccellini. E le piante spontanee fanno aumentare la biodiversità. La filosofia di base del giardiniere planetario è un rispetto assoluto dell’ambiente, senza però trascurare la bellezza, l’estetica, che non sono affatto secondari”.
Ma cosa vuol dire Terza Piazza? Bisogna tornare di nuovo alle teorie di Gilles Clèment esposte nel suo “Manifesto del Terzo paesaggio”: dopo il Primo paesaggio, la natura incontaminata, e il Secondo, quello regolato dall’intervento dell’uomo, esiste appunto un Terzo paesaggio: aree verdi ai margini dell’abitato, fabbriche dismesse, bordi delle strade, aiole spartitraffico, sottoponti. “Terre di nessuno” che sono sotto gli occhi di tutti ma è come se fossero invisibili. Vuoti urbani considerati inutili mentre, secondo Clèment, proprio questi sono il futuro verso la rigenerazione degli spazi urbani. Ed è esattamente quello che è stato fatto a Firenze con la Terza Piazza.
Il progetto è in divenire e si potrà considerare finito nel 2027, “è l’evoluzione che dà la qualità. Nei prossimi anni osserveremo l’adattamento delle piante, come risuona il quartiere, i costi, quello che si può fare in più: l’orto, un campetto da calcio, uno spazio culturale. La piazza allora diventerà meravigliosa”.
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