Dal 1° gennaio 2025 le etichette di frutta e verdura in busta dovranno indicare il Paese di origine. Permangono perplessità sulla proroga del glifosato per altri 10 anni.
Redazione
13 dicembre 2023
La trasparenza sulle etichette dei prodotti alimentari fa da deterrente alle massicce importazioni di prodotti low cost dall’estero dove spesso non vengono rispettati i criteri minimi in termini di rispetto dell’ambiente, del lavoro e della sicurezza alimentare. Ne sono una conferma i 317 allarmi di cibi contaminati rilevati dal sistema di allerta Rapido (Rassf) che riguardano in 9 casi su 10 prodotti importati. E così a partire dal 1 gennaio 2025 anche sulle confezioni di noci, mandorle, pistacchi e altri frutti sgusciati dovrà essere indicato in etichetta il Paese di origine. Lo stesso obbligo varrà anche per frutta e verdura in busta, agrumi secchi, fichi secchi e uva secca, funghi non coltivati e zafferano che oggi troviamo in vendita senza alcuna informazione al riguardo.
Prodotti di largo consumo a cui potrebbero presto aggiungersi, dopo il voto favorevole del Parlamento europeo sulla cosiddetta Direttiva Breakfast, anche i succhi e le marmellate che dovranno esplicitare il Paese di origine della frutta utilizzata e per il miele l’indicazione delle percentuali dei mieli provenienti dai diversi Paesi nelle miscele. Azioni rivolte a contrastare le frodi agroalimentari che sviluppano, per il solo Made in Tuscany, un giro d’affari annuale di oltre 6 miliardi di euro. “I nostri prodotti sono i più sicuri al mondo – spiega Letizia Cesani, presidente di Coldiretti Toscana – e questo valore può e deve emergere indicando nell’etichetta il Paese di origine che nel nostro caso è sicuramente garanzia di salubrità e sicurezza”.
La pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Ue del regolamento delegato 2023/2429 per il settore degli ortofrutticoli, per alcuni prodotti trasformati a base di ortofrutticoli e per il settore delle banane è un passo in avanti verso il percorso di trasparenza nei confronti dei consumatori. Tuttavia “C’è ancora molta strada da fare e questa obbligatorietà va estesa a tutta la spesa senza dimenticare l’esigenza di arrivare anche nei ristoranti a indicare la provenienza della carne e del pesce serviti” conclude Cesani.
Considerato che i consumatori avrebbero tutto il diritto di acquistare prodotti salubri, o almeno non dannosi alla salute, l’augurio è che il Parlamento europeo possa presto cambiare rotta circa le norme che regolano l’uso dei pesticidi in agricoltura visto il secco no arrivato da Strasburgo il 22 novembre scorso al loro taglio del 50% entro il 2030. L’esito della votazione sul regolamento sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (SUR) rischia infatti di vanificare gli obiettivi del Green Deal, delle strategie From farm to fork e Biodiversity 2030, vale a dire le politiche di sostenibilità predicate negli ultimi anni.
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