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Dalle piante officinali la cura per proteggere le statue di Pratolino

Parco Pratolino
Finanziato dalla Regione il progetto ‘Bioconcultura’ dell’Università di Siena. Sostanze naturali al posto dei biocidi di sintesi contro i licheni e i funghi che aggrediscono il marmo.

 

VAGLIA (Fi)Proteggere le statue del Parco Mediceo di Pratolino dall’aggressione di licheni e ‘biofilm’ (cianobatteri, alghe, funghi) impiegando rimedi naturali. È questo l’obiettivo di ‘Bioconcultura’, il progetto messo a punto dal dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Siena e finanziato ora dalla Regione Toscana con 42 mila euro.

‘Bioconcultura’ punta a utilizzare sostanze naturali (biorimedi) al posto dei cosiddetti “biocidi di sintesi” per rimuovere i licheni dalle statue e prevenirne la formazione.
Eliminare funghi e muffe è un passaggio obbligato prima di qualunque intervento di restauro sulle statue. “La prassi seguita dai restauratori – spiega il professor Stefano Loppi, coordinatore del progetto – prevede trattamenti con biocidi di sintesi, la rimozione meccanica dei licheni e una nuova applicazione di prodotti (di solito gli stessi biocidi) per impedire che i licheni si riformino. Tuttavia i biocidi comunemente usati sono tossici per gli operatori e per l’ambiente e sono responsabili dello sviluppo di ceppi resistenti”.

Bioconcultura’ sperimenterà l’applicazione di oli essenziali estratti da piante officinali come origano e timo, che come è noto hanno proprietà antimicrobiche e antimicotiche. La Toscana ha una tradizione secolare nella coltivazione di queste piante a uso fitochimico e medicinale. Impiegarle per proteggere le statue e i beni culturali lapidei può rivelarsi un’alternativa eco-friendly ai comuni trattamenti a base di nanoparticelle di metalli (argento, zinco, rame, titanio), che contribuiscono al diffondersi di questi inquinanti nell’ambiente.

In alcuni casi si sperimenterà come biocida green anche il cosiddetto “aceto di legno”, un sottoprodotto della gassificazione del legno in assenza di ossigeno (pirolisi) che può avere un futuro anche come bioerbicida da usare in agricoltura.
Al progetto partecipano anche gli atenei di Firenze, Genova e Torino e un partner industriale, Esperia srl, che ha esperienza nella produzione di biorimedi dagli scarti delle biomasse legnose.

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