Da carote e finocchi ricercatori dell’Università di Pisa e Monastir in Tunisia hanno estratto oli essenziali particolarmente efficaci contro vari microorganismi patogeni.
PISA – Una scommessa è diventata realtà grazie a uno studio delle Università di Pisa e Monastir in Tunisia. Gli scarti agricoli delle coltivazioni possono diventare fonti di preziosi oli essenziali dalle elevate proprietà antimicrobiche. La ricerca, pubblicata sulla rivista Chemistry and Biodiversity, si è concentrata sulle parti “non convenzionali” delle carote gialle e arancioni e di alcune varietà di finocchio.
In particolare dalle foglie e dai fusti senza fiori i biotecnologi, i farmacologi e i fitochimici delle due università hanno estratto e caratterizzato oli essenziali che si sono rivelati particolarmente efficaci contro vari microorganismi patogeni, fra cui lo stafilococco aureo, il bacillo del fieno, l’almonella enterica, l’Escherichia coli e la Candida albicans. Il risultato più rilevante si è avuto con l’olio essenziale di finocchio della varietà azoricum che, nei confronti della candida, si è dimostrato più efficace del farmaco antifungino di sintesi di riferimento (amfotericina B).
“Nell’ottica di un’economia circolare – ha detto Guido Flamini del Dipartimento di Farmacia dell’Ateneo pisano, che ha condotto lo studio con Roberta Ascrizzi – abbiamo utilizzato residui di lavorazione e ottenuto un prodotto con un alto valore aggiunto come gli oli essenziali, contribuendo così alla riduzione dei rifiuti e ai costi di smaltimento a carico degli agricoltori”.
Gli scarti agricoli usati per la ricerca vengono dalla Tunisia, con la cui università il dipartimento di Farmacia dell’ateneo di Pisa ha da anni rapporti di collaborazione per studiare le piante medicinali, quelle alimentari e i prodotti derivati. In particolare, i ricercatori da Pisa hanno eseguito la caratterizzazione chimica di tutti gli oli essenziali attraverso l’analisi gas-cromatografica abbinata alla spettrometria di massa. L’analisi ha permesso di individuare 60 differenti composti: 28 dalle carote a radice arancione, 22 da quelle a radice rossa e 28 dal finocchio.
“I risultati sono stati incoraggianti – conclude Guido Flamini – l’idea è quindi di proseguire la ricerca usando come materiale di partenza anche scarti di altre specie coltivate. Nulla impedisce che in futuro un’azienda agricola possa utilizzare i suoi scarti per auto prodursi l’olio essenziale oppure, visti i costi da affrontare per l’acquisto di un distillatore di dimensioni per lo meno artigianali, che si possa creare un consorzio di più imprese”.
Fonte: Università di Pisa
Aggiungi un commento