Per Legambiente e Università di Siena è ancora emergenza: “Oltre il 95% è costituito da plastica che ha origine nell’entroterra”.
SIENA – A richiamare ancora una volta l’attenzione sull’emergenza inquinamento nei mari è il Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena insieme a Legambiente, partner scientifico del progetto COMMON, che in previsione della Giornata Nazionale del Mare dell’11 aprile ha diffuso i risultati preliminari dei monitoraggi realizzati negli ultimi due anni sulle coste toscane e i dati delle analisi su alcune specie ittiche che popolano il Mediterraneo.
Nella sola costa toscana i ricercatori hanno rilevato più di 300 rifiuti per ogni 100 metri lineari di spiaggia. Un dato che va ben oltre i 20 rifiuti spiaggiati ogni 100 metri lineari di costa, valore soglia fissato dall’Unione Europea per determinare il buono stato ambientale di una spiaggia. Oltre il 95% è costituito da plastica, per la metà si tratta di oggetti di plastica monouso, mentre un rifiuto su tre è un cotton-fioc. La provenienza dei rifiuti galleggianti è la stessa degli oggetti rinvenuti sulle spiagge, e cioè imputabili principalmente alle attività a terra e in minor parte a pesca e acquacoltura.
Grazie ai protocolli scientifici utilizzati è stato possibile individuare le sorgenti di inquinamento responsabili dei rifiuti spiaggiati: le attività nell’entroterra si confermano la principale fonte inquinante, responsabile per il 35% dei rifiuti totali, seguite dalle attività lungo la costa con il 20%. Una percentuale non trascurabile, circa il 5%, è legata alle attività prettamente marittime come pesca e acquacoltura.
Il team scientifico dell’Università di Siena ha poi verificato la presenza di rifiuti galleggianti nelle acque dell’area maremmana, campionandoli in 12 diverse stazioni e in due stagioni differenti, in autunno e in primavera. In totale, sono state isolate settemila microplastiche – frammenti di rifiuti plastici dal diametro inferiore a cinque millimetri – per un valore medio di 0,18 frammenti su metro quadrato.
Sempre nell’ambito del progetto COMMON, il gruppo scientifico guidato da Maria Cristina Fossi ha analizzato la presenza di particelle plastiche in cinque specie ittiche, acciuga, triglia, boga, sardina e sardinella, isolando 111 microplastiche su un totale di 276 organismi. Si tratta di una media di 0,4 microplastiche per individuo, un dato che riflette anch’esso il valore medio delle concentrazioni riscontrate da altri studi svolti nel Mediterraneo (tra 0,3 e 0,5 particelle per individuo). Sebbene le microplastiche ritrovate negli organismi marini riflettano la contaminazione ambientale, sono in corso ulteriori analisi per stabilire eventuali impatti legati alla loro ingestione.
“L’Italia fino ad oggi ha sempre giocato un ruolo importante e da apripista sulle norme e le azioni per ridurre la dispersione di plastica negli ambienti marini e costieri, così come è leader nella chimica verde e nella produzione di nuovi materiali compostabili – ha dichiarato Giorgio Zampetti, direttore di Legambiente – bisogna però attivarsi al più presto per mantenere questo primato per un completo recepimento della Direttiva SUP evitando di ripetere l’errore di prorogare l’adozione di misure così importanti, come fatto per la Plastic tax. e attivare sempre più iniziative di supporto e informazione per fermare la dispersione di plastica nell’ambiente”.
Fonte: Legambiente Toscana
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