Molte ombre e qualche spiraglio di luce nelle Direttive della Regione Toscana per la manutenzione dei corsi d’acqua e la conservazione dell’ecosistema.
di Lipu Firenze
Seppur a livello generale la Lipu giudica positivi alcuni principi generali fissati a tutela dei corsi d’acqua; al tempo stesso le direttive regionali contengono elementi contraddittori nel momento in cui dagli enunciati si passa ai criteri di gestione.
Le direttive, per esempio, riportano che la vegetazione arborea e arbustiva all’interno della sezione idraulica ostacola il deflusso, senza però sottolinearne i vantaggi che sono, oltre che un maggior valore naturalistico in sé, anche la stabilità delle sponde, come dimostrato dalle recenti piene che hanno eroso in vari punti molti corsi idrici. Inoltre, le direttive regionali dettagliano gli interventi di diradamento della vegetazione senza specificare se siano da applicare in base al livello di rischio o in maniera generalizzata, e quali siano le conoscenze tecnico-scientifiche e le competenze necessarie per decidere gli interventi.
In realtàle ricerche scientifiche, presentate anche al Convegno Fiumi e Natura organizzato a Firenze lo scorso 5 aprile 2019 da Università di Firenze e Lipu, evidenziano come la presenza di alberi e vegetazione contrasti il rischio idraulico associato ai cambiamenti climatici.
“Un ecosistema deve potersi sviluppare con una certa libertà, con la presenza di alberi di alto fusto, arbusti, rampicanti, canneti e macchie di vegetazione fitta e compatta, che sono condizioni fondamentali per la presenza delle specie faunistiche e floristiche tipiche di questi habitat – afferma Marco Dinetti, responsabile Ecologia urbana della Lipu-BirdLife Italia – Anche la qualità delle acque superficiali risente negativamente di questo tipo di approccio, come affermato nei rapporti dell’Arpat per l’anno 2019”.
La Lipu critica anche le disposizioni regionali laddove esse prescrivono che i tagli di vegetazione escludano sì il periodo marzo-giugno di nidificazione dell’avifauna, evitando l’ingresso dei mezzi meccanici in alveo, ma specificando che tali prescrizioni siano da adottare in modo “preferibile”, ossia senza costituire un vincolo, che invece sarebbe auspicabile introdurre.
“Pensiamo che l’approccio finora seguito, quello cioè che pone come obiettivo esclusivo il rapido deflusso delle acque, e che la delibera conferma nella sostanza per il futuro governo del territorio, vada rivisto – prosegue Daniela Burrini, delegata Lipu di Firenze – Per la corretta valutazione del programma degli interventi occorre l’analisi del contesto idrogeomorfologico del corso d’acqua: è da questo enunciato, riportato timidamente in delibera, che a nostro parere occorre dare corpo per programmare interventi non invasivi sulla vegetazione e limitati a quelli veramente necessari, nella tipologia e nella frequenza. In certe situazioni, come nei contesti rurali, può essere più utile perfino favorire delle esondazioni, allo scopo di proteggere le aree urbane e quelle più sensibili per gli interessi umani. In merito si ricorda che esistono dei programmi europei, come le ‘Nature-Based solutions’ della Commissione Europea” che individuano soluzioni alternative sostenibili dal punto di vista socio-ambientale per il contrasto ai cambiamenti climatici e per la gestione del rischio di calamità ambientali”.
Dovendo fare una specifica, non si capiscono gli scopi degli interventi di sfalcio come quelli reiterati ogni primavera (nel pieno della stagione di nidificazione) in contesti quali l’alveo del Bientina – che ricade entro la Rete Natura 2000 – quando poi il rapido deflusso delle acque del Canale Imperiale va ad allagare la raffineria di Stagno, come è avvenuto durante la tragica alluvione di Livorno. In proposito, i dati Lamma ci dicono che nella città labronica nei due giorni 9 e 10 settembre 2017 caddero 196 mm di pioggia, mentre in 4 giorni – dal 14 al 17 novembre u.s. – solo 73 mm (il 17 c’è stata la piena dell’Arno). Quindi c’è poco da rallegrarsi se non ci sono stati danni, perché è piovuto solo un terzo, in un lasso di tempo doppio.
Tornando alle direttive, se si applicassero le indicazioni di impedire la presenza degli alberi di alto fusto lungo i fiumi i boschi ripariali scomparirebbero per sempre dalla Toscana, cosa che mal si concilia con quanto richiamato in merito al rispetto della vegetazione, degli ecosistemi e del ruolo paesaggistico.
Tra gli apprezzamenti alle direttive, il richiamo alla funzione di corridoio ecologico per i fiumi, così come espressa dalla normativa nazionale ed europea, e la promozione degli interventi di riqualificazione fluviale e di ingegneria naturalistica o a basso impatto ambientale. Così come positiva è l’affermazione che la manutenzione è finalizzata primariamente alla prevenzione delle situazioni di pericolo e rischio idraulico, da effettuarsi nel rispetto dell’ambiente. “Questo perché la vegetazione ripariale – ricorda Marco Dinetti – costituisce parte integrante degli ecosistemi fluviali, fornendo rifugio alla fauna, riducendo i carichi inquinanti delle acque e garantendo un utile ombreggiamento”.
La Lipu vigilerà comunque sul rispetto delle norme per la tutela ambientale, promuovendo le buone pratiche per il contrasto al dissesto idrogeologico.
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