Efficaci misure di protezione, supporto agli allevatori, monitoraggio continuo e ricerca hanno praticamente azzerato i casi di predazione.
di Gabriella Congedo
20 dicembre 2024
PRATOVECCHIO STIA (Ar) – Mentre le associazioni degli agricoltori esultano per il declassamento del lupo da “specie rigorosamente protetta” a “specie protetta” approvato dall’Unione Europea il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi si propone come modello di convivenza tra il lupo e le attività umane. Una convivenza non solo possibile ma vantaggiosa per l’ecosistema.
Non si tratta di una dichiarazione di principio ma di solida realtà visto che qui, grazie a un’accorta politica di gestione del lupo, sono riusciti praticamente ad azzerare le predazioni ai danni degli allevatori locali. In che modo? Aiutando le aziende zootecniche ad adottare le giuste misure di prevenzione.
Per gli allevamenti di ovini e caprini sono stati usati sistemi di protezione come ricoveri notturni e recinzioni elettrificate, affiancati dal fondamentale impiego dei cani da guardiania. Per gli allevamenti bovini la gestione si concentra invece sulla sincronizzazione dei parti in stalla e sulla protezione dei vitelli nel periodo più vulnerabile.
I risultati parlano chiaro: pur con dodici branchi presenti stabilmente nel Parco le aziende che hanno adottato queste misure hanno quasi azzerato i fenomeni di predazione.
L’importante è non lasciare soli gli allevatori. Prendiamo i cani da guardiania, come i pastori maremmani e i pastori della Sila: sono una risorsa fondamentale per difendere le greggi ma vanno saputi gestire e addestrare. A questo scopo il Parco ha lanciato nel 2017 uno specifico progetto per aiutare concretamente gli allevatori che avessero difficoltà nell’addestramento e l’integrazione di questi cani nel gregge.
Tra le realtà che collaborano con il Parco nazionale c’è l’associazione DifesAttiva. Nata da un gruppo di pastori e allevatori della provincia di Grosseto DifesAttiva (da quest’anno Associazione di Promozione Sociale) dà assistenza tecnica alle aziende zootecniche sulle misure di prevenzione e la corretta gestione dei cani da guardiania. L’associazione è anche partner della ShepherdSchool, la prima scuola in Italia per pastori e allevatori, nata sotto l’egida del Parco nazionale con lo scopo di difendere la zootecnia tradizionale, favorire il ricambio generazionale e contrastare lo spopolamento della montagna.
Tutto rientra in un unico disegno che combina la protezione della natura – e dunque anche del lupo appenninico – e lo sviluppo delle attività agro-zootecniche locali.
La presenza del lupo contribuisce poi attivamente all’equilibrio dell’ecosistema regolando il numero degli ungulati e riducendo così indirettamente i danni alle attività agricole. Questo grande carnivoro quindi può rivelarsi un vero alleato nel confronto tra esseri umani e fauna selvatica. Il monitoraggio scientifico continuo e il coordinamento delle attività di ricerca permettono di affinare costantemente le strategie di gestione facendo del Parco un modello di riferimento.
Eppure nella seconda metà del secolo scorso il lupo era sull’orlo dell’estinzione e in Italia ne restavano solo pochi esemplari nell’Appennino Centrale. Oggi, grazie alle normative di tutela e all’istituzione di nuove aree protette, nel territorio europeo si stimano circa 23.000 lupi e in Italia 3.300. Il declassamento del suo status di protezione approvato poche settimane fa rischia di vanificare il lavoro di decenni e potrebbe riportarci indietro di 50 anni.
Per questo esperienze virtuose come quella del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi bisogna tenerle ben care e, laddove possibile, replicarle.
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