Preoccupano le relazioni sulla contaminazione da mercurio del fiume Paglia e sull’inquinamento del rifiuto gessi rossi a Scarlino.
Redazione
La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali ad esse correlati (Commissione Ecomafie), istituita nel 2018, ha approvato negli ultimi mesi due relazioni che delineano due casi di inquinamento ambientale molto preoccupanti per la Toscana che riguardano il fiume Paglia e la cava esaurita di Poggio Speranzona.
Secondo una relazione dello scorso novembre il fiume Paglia è contaminato da mercurio. L’area è quella del Monte Amiata tra la Maremma, la Val d’Orcia e la Val di Paglia e l’inquinamento è da attribuire principalmente alle miniere esaurite di cinabro – minerale da cui si ricavava il mercurio – e alla sua lavorazione, attiva per secoli fino al 1980. I giacimenti hanno fornito nel periodo di massima produzione oltre l’11% della produzione mondiale. La più grande miniera del distretto si trovava ad Abbadia San Salvatore (Siena) con il suo picco di produzione fra il 1880 e il 1970.
Il mercurio non è stato trovato nell’acqua ma nei sedimenti dei fiumi e nel suolo. Il documento di novembre invitava al “monitoraggio e allo studio sistematico sulle matrici ambientali, la fauna e la flora” per la verifica della penetrazione del mercurio sia negli ecosistemi, sia nelle catene alimentari.
Secondo la relazione sono stati registrati “casi di trasferimento alla biosfera con potenziali contenuti anomali di mercurio nei pesci”. La contaminazione è diffusa e “difficilmente risolvibile tramite interventi di bonifica”, ma il grado di impatto ambientale e la pericolosità della sostanza rendono necessaria un’attenzione costante e scientificamente supportata.
Secondo la Rete Nazionale Nogesi (No Geotermia Elettrica Speculativa e Inquinante), invece, il documento non avrebbe evidenziato come “l’inquinamento ambientale sia stato causato dalle centrali geotermiche disseminate sull’Amiata, come riportato ampiamente dalle relazioni del professor Andrea Borgia nei suoi vari convegni degli ultimi anni”.
Altra bomba ecologica è quella scoppiata nei giorni scorsi in seguito alla relazione sull’inquinamento connesso alla gestione del rifiuto gessi rossi a Scarlino (Grosseto). Si parla di oltre 3 milioni di tonnellate conferiti dal 2004 nella cava esaurita di Poggio Speranzona. I gessi in questione erano ottenuti unendo i fanghi rossi, scarto di produzione del biossido di titanio, con la marmettola, scarto di lavorazione del marmo di Carrara.
L’impegno per il ripristino ambientale della cava era stato approvato nel 2004 con un accordo volontario tra Regione Toscana, Huntsman Tioxide Europe (oggi Venator Italy), che produce il biossido di titanio, Comuni del territorio, provincia di Grosseto, Arpat e Asl ma “Il rilascio nei terreni di solfati, cloruri, manganese, nichel, cromo e ferro – lamenta la commissione parlamentare – ha portato nel tempo alla contaminazione delle acque sotterranee alla cava”.
Ancora una volta si parla di interessi economici che passano sopra l’interesse generale della salute pubblica e della tutela dell’ambiente. Due questioni spinose delle quali la Regione Toscana dovrà farsi carico, con l’assessore all’Ambiente Monia Monni che sulla vicenda dei gessi rossi ha dichiarato: “Entro qualche settimana gli uffici regionali, insieme ad Arpat, presenteranno pubblicamente una relazione che verrà trasmessa ai presidenti della Camera e del Senato e al ministro della Transizione Ecologica”.
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