Lo dimostra uno studio dell’Ateneo pisano. Mappe di rischio climatico dello storico giardino permetteranno di elaborare un piano di salvataggio.
17 marzo 2023
PISA – Da qui alla fine del secolo il 60 per cento degli alberi presenti nell’Orto Botanico di Pisa potrebbero essere estinti a causa del cambiamento climatico. La brutta notizia arriva da uno studio dell’Università di Pisa condotto da Marco D’Antraccoli, Nóra Weiger, Leonardo Cocchi dell’Orto Botanico in collaborazione con il direttore Lorenzo Peruzzi, professore del Dipartimento di Biologia. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista internazionale Sustainability.
L’Orto Botanico dell’Università di Pisa, fondato nel 1543 dal naturalista, medico e botanico Luca Ghini, è il primo orto botanico universitario del mondo. Annovera tra le sue collezioni oltre 2.000 specie provenienti da ogni parte del mondo, incluse circa 200 specie di alberi, tra cui alcuni esemplari di carattere monumentale come un albero dei ventagli (Ginkgo biloba) e una magnolia (Magnolia grandiflora) messa a dimora nel 1787.
Secondo lo scenario più pessimistico, lo studio stima che entro la fine di questo secolo fino al 60% delle specie arboree coltivate si troverà al di fuori delle condizioni climatiche compatibili con la loro vita, sia per precipitazioni che temperature. Tra le specie più a rischio ci sono ad esempio l’alloro (Laurus nobilis), la noce del Caucaso (Pterocarya fraxinifolia), la palma del Cile (Jubaea chilensis) e la sequoia (Sequoia sempervirens).
“Il nostro studio analizza alcuni scenari di cambiamento climatico possibili – spiega Marco D’Antraccoli, curatore dell’Orto Botanico – confrontando poi le condizioni climatiche attese per il futuro con quelle tipiche delle specie che attualmente abbiamo in coltivazione”.
“Conoscere il grado di sensibilità ai cambiamenti climatici dei singoli esemplari – conclude Lorenzo Peruzzi – permette di cartografare delle vere e proprie mappe di rischio climatico dell’intero Orto Botanico che permetteranno di iniziare a elaborare un piano a medio-lungo termine di sostituzione di specie, in modo da mitigare quello che verosimilmente sarà un significativo impatto sul patrimonio arboreo e sull’assetto del giardino”.
Fonte: Università di Pisa
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