Opinioni

Chiude l’inceneritore di Livorno, revamping per Poggibonsi e Arezzo?

Demolizione dell'inceneritore di via Giarizzole a Trieste.
Demolizione dell'inceneritore di via Giarizzole a Trieste.

Dopo le indicazioni di RetiAmbiente sembra certo che l’impianto del Picchianti non rientrerà più in funzione. Quali i nuovi scenari regionali?

 

di Marcello Bartoli
9 novembre 2024

LIVORNO – In un passaggio della relazione sull’esercizio 2021 del direttore generale dell’Ato Toscana Sud Paolo Diprima si ventilava l’ipotesi che nel 2026 in tutta la Toscana sarebbero potuti rimanere attivi soltanto due inceneritori, entrambi nell’Ato Toscana Sud che raggruppa le province di Arezzo, Siena e Grosseto. Si faceva riferimento all’inceneritore di Poggibonsi, nel Senese, e all’impianto aretino di San Zeno.

A Livorno manca ormai solo l’ufficialità ma le indicazioni contenute nel Piano industriale di RetiAmbiente, confermate dall’amministrazione comunale livornese, parlano finalmente chiaro: il riarmo dell’inceneritore di Livorno, ovvero quel revamping ipotizzato con un costo di 15/20 milioni di euro per una funzionalità limitata nel tempo – considerata la volontà di portare a chiusura l’impianto entro la fine del 2027 -, non è “né economicamente né ecologicamente conveniente”.

Sembra certo, a questo punto, che l’impianto del Picchianti, chiuso ormai dal dicembre 2023,  non rientrerà più in funzione. Secondo la Holding dunque “è del tutto preferibile che i rifiuti residui del Comune di Livorno, prima direttamente inceneriti (circa 30 mila tonnellate all’anno) e considerati in diminuzione grazie all’estensione della raccolta differenziata, seguano il percorso dei rifiuti indifferenziati di tutti gli altri Comuni e cioè che siano avviati a trattamento meccanico-biologico (TMB) per poi essere smaltiti”.

Esulta come previsto il Coordinamento provinciale Rifiuti Zero: “Il nostro obiettivo resta quello di estendere le buone pratiche della riduzione e del riciclo dei rifiuti contro inceneritori, mega discariche come quella di Scapigliato, discariche come Limoncino, contro la riapertura della ex-Rari o altri eventuali mostri mangia-rifiuti”.

Nel Pistoiese, invece, il documento CIS (il soggetto pubblico gestore dell’inceneritore di Montale) firmato dai 3 sindaci (Montale, Quarrata e Agliana) ha chiesto la scorsa primavera una proroga dell’impianto per almeno altri 4 anni (3+1), prevedendone una sommaria ristrutturazione. Nel frattempo un bando per l’individuazione del nuovo gestore dell’inceneritore sta riscuotendo un discreto successo tra quelle realtà che operano da tempo nel trattamento dei rifiuti e che sono interessate a gestire l’impianto per i prossimi tre anni, con possibilità di un ulteriore anno di proroga.

Sul fronte aretino ad agosto i vertici di Aisa impianti hanno fatto il punto sull’avanzamento del piano industriale approvato dalla Regione Toscana nel 2020 presentando i lavori appena iniziati, del costo di 24 milioni di euro, per completare la realizzazione di L75, la nuova linea di incenerimento a San Zeno. Si prospetterebbe dunque un ampliamento come previsto da Paolo Diprima nel 2021.
Nel Senese l’inceneritore di Poggibonsi è quello che gestisce in Toscana la maggiore quantità di rifiuti. Dall’ultimo rapporto Ispra del 2022 risultano 66.000 le tonnellate trattate nell’impianto di Foci, superando la quota singola degli inceneritori ancora attivi in Toscana.

Il nuovo Piano Rifiuti della Toscana non può non contemplare le istanze che arrivano dalle recenti Direttive europee e da tante associazioni impegnate sul fronte dell’economia circolare. Sarebbe opportuno ridurre al minimo le frazioni dei rifiuti inceneriti, impegnarsi per aumentare la raccolta differenziata e procedere alla costruzione di impianti per il recupero e il riciclo.

Zero Waste Italy e molte associazioni si oppongono  a progetti come l’ossicombustore di Peccioli, la cui attività è equiparata a un trattamento termico che distrugge le risorse, e non pochi dubbi aleggiano sui cosiddetti impianti di biodigestione che, tramite un processo di decomposizione della sostanza organica per via anaerobica (senza ossigeno), convertono i rifiuti organici domestici e gli scarti agricoli in energia termica, elettrica e in altri output di processo.

Se la Valdera è scesa in piazza, solo alcuni giorni fa, per chiedere di non diventare la “pattumiera” della Toscana, appare decisamente bassa la partecipazione dei cittadini alla questione dei rifiuti nelle zone di Montale, Poggibonsi e Arezzo. La libertà e partecipazione” cantava il buon Gaber ma la sensazione è che il cittadino medio non sia più in grado di adottare un atteggiamento da “adulto” per affrontare i problemi che lo riguardano, è più facile affidarsi agli amministratori deresponsabilizzandosi totalmente per ciò che gli accade intorno.

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