In piedi alle sei del mattino e subito in spiaggia. Il mio debutto come volontaria di Legambiente per cercare le tracce di tartarughe marine.
Testo e foto di Sara Falsini
ISOLA D’ELBA (Li) – Siamo a giugno, mese in cui la tartaruga comune Caretta caretta nidifica nelle spiagge sabbiose dell’Isola d’Elba e di Pianosa. Ecco un breve racconto della mia prima esperienza come volontaria di Legambiente nel monitorare le tracce di tartarughe nella spiaggia di Straccoligno.
Domenica mattina ore 6.00, la sveglia non è ancora suonata. Ma io non resisto, sono troppo curiosa e con fare ancora assonnato mi alzo e rapidamente mi vesto. Dopo qualche minuto sono già fuori, in uno dei vicoletti di Capoliveri, l’aria di mare si mescola a quella di pane appena cotto, il fornaio è già in piena attività. Ma alle sue prelibatezze penserò più tardi. Mi soffermo un secondo sui gradini in una posizione panoramica e mi lascio cullare per qualche secondo dai colori dell’Elba. Siamo a giugno e quest’isola mostra il meglio di sé, la sua natura è qualcosa di inestimabile, il colore azzurro del mare viene esaltato dal verde smeraldo dei pini marittimi, qua e là i colori delle bouganville catturano il mio sguardo e il profumo del gelsomino il mio olfatto.
Non posso sostare troppo, mi devo sbrigare! Arrivo alla spiaggia di Straccoligno, sono le 6.15, la spiaggia è deserta, è perfetto, è proprio quello che volevo, nessuno mi disturberà nella mia caccia. Come un cane da tartufo inizio la ricerca, fiuto tra una sdraio e l’altra e poi mi dirigo verso la spiaggia libera. Se questa mattina avrò la fortuna di trovare le tracce, avrò trovato un tesoro. “Ci pensi? – dico tra me e me – È il traguardo che tutti gli aspiranti “tartawatcher”, volontari di Legambiente, ambiscono a raggiungere. Significherebbe che una delle tartarughe comuni Caretta caretta ha scelto proprio questa spiaggia per depositare le sue uova e allora sì che avrò trovato un tesoro!”.
Purtroppo la mia ricerca mi ha condotto all’identificazione di scialbe impronte di gabbiano e di ciabatte umane ma l’obiettivo di esserci è stato fondamentale proprio nel caso fortuito in cui siano presenti, invece, le tracce lasciate dalla tartaruga di notte quando, raggiunta la spiaggia, depone le uova. Non c’è da scoraggiarsi ma da riprovarci ancora!
È importante, infatti, come dice Patrizia Bonelli, Guida Parco nell’Isola di Pianosa, “che eventuali nidi siano segnalati tempestivamente per garantire la maggior sopravvivenza di nati”. Ed è importante che si trovi giorno per giorno qualcuno disposto ad andare a “caccia di tracce” la mattina presto. A questo e non solo pensa Isa Tonso che settimana per settimana si occupa di programmare le attività di monitoraggio nelle diverse spiagge dell’Isola d’Elba. Allo stesso tempo molti eventi vengono organizzati, proprio con l’obiettivo di sensibilizzare gli ospiti dell’isola alla tematica.
Per la mia esperienza, l’attività di monitoraggio per chi va nell’isola è un impegno che richiede uno sforzo minimo e nel frattempo si crea una rete di connessioni tra volontari e non solo. Infatti è inevitabile che in famiglia si parli della tematica e di conseguenza ci si interessi alle tartarughe, alle loro abitudini, e non si può far altro che rimanerne affascinati. Si innesca automaticamente un circolo di idee e di discussioni da condividere con i propri parenti e amici ma soprattutto con i propri figli che rappresentano la futura generazione. Diventa quindi un valore aggiunto quello di coinvolgere i bambini e gli adolescenti in queste attività di tutela e di conservazione di specie protette e più in generale dell’ambiente.
Sara Falsini ha conseguito la laurea in Biologia (2010) e un dottorato di ricerca in Scienze Biomediche (2014) presso l’Università degli Studi di Firenze. L’esperienza acquisita durante la sua tesi di dottorato riguarda (1) biologia cellulare e molecolare, (2) preparazione e caratterizzazione di vettori a base lipidica per il rilascio di molecole bioattive. Le sue capacità personali si estendono quindi dalla manipolazione delle colture cellulari ai metodi fisico-chimici per lo studio dei nanosistemi.
Negli ultimi anni si è avvicinata al campo della sostenibilità e ha preso parte a un progetto H2020, MEDEAS. È stata coinvolta anche in un progetto finanziato dalla Regione Toscana (ECOMAPS), dove ha coordinato un blog per informare le persone sui rifiuti e sull’economia circolare. Attualmente ha una borsa di ricerca all’interno del Green Office dell’Università di Firenze.
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