Il ritorno ai procedimenti naturali è un appello urgente per tutti coloro che vogliono conservare intatto l’ambiente e vivere sani.
di Dario Boldrini
Le leggi universali di Natura, che regolano gli equilibri dell’ambiente in cui viviamo, sono complesse e semplici al contempo perché capaci di infinite correlazioni fra organismi viventi che comunque si manifestano senza alcuna forzatura. Una buona base per approcciarsi alla pratica dell’orto è sviluppare la propria sensibilità e capacità di osservazione di queste manifestazioni.
Pensate ad esempio alle piante spontanee bioindicatrici, che oltre a migliorare in alcuni casi la struttura e la fertilità del suolo ci permettono di valutare la tipologia di terreno e di microclima ancor prima di qualsiasi strumento tecnologico. L’essere umano è una macchina assai raffinata se con dedizione si pone in un rapporto di rispetto e osservazione della Natura ed è capace di integrarsi e trarre da essa tutto ciò di cui necessita senza impoverirla. Lo sapeva bene Masanobu Fukuoka che praticava l’agricoltura del non fare restando nel costante flusso di cambiamento di ciò che accadeva spontaneamente intorno a lui, fosse un campo di grano, un orto o un bosco.
Coltivare è una pratica sacra che nutre lo spirito e produce il nutrimento del corpo. Che si parli di coltivazione biologica, ecologica o naturale, si intende comunque un metodo che rifiuta ogni tipo di concime chimico, anticrittogamico, diserbante e impiega prodotti e procedimenti naturali in parte antichi che si sono semplicemente dimenticati.
Il ritorno a questi procedimenti, sia in orticultura che in agricoltura, è un appello urgente per tutti coloro che vogliono conservare intatto l’ambiente e vivere sani. E non si tratta di fare un passo indietro, bensì di recuperare i passi persi per fare un bel salto in avanti! Abbiamo perso così tanto delle sapienze contadine che ci siamo convinti che una buona tecnologia, un buon brand e una regolamentazione possano garantire qualità più della preziosa esperienza umana.
Possiamo cambiare da oggi alcuni dei pregiudizi che si hanno verso la coltivazione biologica e l’orticoltura naturale, come ad esempio che comporta un maggior lavoro: non è affatto vero. Il lavoro totale necessario è inferiore ai sistemi di coltivazione tradizionali e il tempo è diversificato in attività e settori diversi. Basti pensare alla radicale riduzione delle opere di zappatura e vangatura, che non servono più una volta riportata fertilità al suolo. Un terreno ricco di humus, sostanza organica e copertura vegetale ha una sua vitalità ed è capace di rigenerarsi, razionalizzare l’acqua, proteggere le piante, contribuire a un ambiente equilibrato e salubre.
Altro pensiero fuorviante verso la coltivazione biologica di frutta e verdura è che i raccolti sono più scarsi, piccoli e impresentabili. Pur riconoscendo il taglio più piccolo e talvolta irregolare, numerose indagini scientifiche hanno dimostrato che sono invece alimenti in grado di ridurre i rischi di allergie e obesità, proteggere gli organi e apportare maggiori qualità nutraceutiche rispetto a quei frutti e ortaggi “fotocopiati” costituiti soprattutto da acqua e sali minerali. Anche la critica avanzata sulla scarsità dei raccolti decade in quanto sono molti gli esempi in cui una coltivazione sinergica su suolo fertile, con copertura in cippato o pacciamatura alta e utilizzo di microrganismi effettivi o biostimolanti permettono raccolti maggiori rispetto alle monocolture. Con il vantaggio di incrementare la biodiversità vegetale e limitare le lavorazioni “a tappeto” nell’orto a vantaggio di leggeri e puntuali passaggi di manutenzione e raccolta.
La scelta di un alto valore biologico è l’obbiettivo principale nella coltivazione del terreno. Ambire a una rinnovata bionomia nella pratica dell’orto ci permette di creare un’oasi di salute, un luogo di coltura permanente in equilibrio con l’ambiente e in continua, affascinante, evoluzione.
Dario Boldrini è nato e vive a Montespertoli (Fi). Dopo 12 anni di lavoro in uno studio di Architettura del Paesaggio di Firenze (ha progettato alcuni dei primi orti urbani) ha scelto di vivere nel podere di famiglia San Ripoli dove, insieme alla compagna Elisa, ha fondato l’associazione Seminaria. Un progetto che spazia dalla creazione di orti e giardini ai laboratori di orticoltura per bambini e adulti, dalle spirali di erbe aromatiche ai seminari di orti creativi.
Appassionato divulgatore, ha realizzato centinaia di servizi per il programma GEO di RAI 3 in giro per l’Italia. Il suo progetto della Terza Piazza a Firenze (Coop di piazza Leopodo) è diventato un modello di aggregazione sociale.
“Giardiniere planetario” è una qualifica ereditata da Gilles Clèment, agronomo e paesaggista francese.
www.darioboldrini.net
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