Secondo il Rapporto “Consumo di suolo in Italia” di Ispra è cresciuto di 350 ettari a livello regionale. Prato la provincia peggiore.
Redazione
9 dicembre 2024
L’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha appena presentato l’edizione 2024 del Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” riferito al 2023. I dati emersi non sono certo confortanti. La Toscana, pur rimanendo tra le Regioni meno ‘cementificate’ sul panorama nazionale, subisce una crescita del consumo di suolo pari a 350 ettari, un dato in aumento rispetto alla media degli ultimi 20 anni.
Analizzando i dati delle province è Firenze quella con l’incremento maggiore in termini di percentuale (+0,41%), davanti a Livorno e Pisa entrambe con +0,32%. Classifica che varia prendendo come parametro la variazione annua di densità per consumo di suolo, con Prato peggiore provincia in assoluto (+4,08%), quindi Livorno (+3,26%) e Firenze (+3,04%), che rispecchia abbastanza quella per terreno consumato, dove Prato è la peggiore con il 14,32%, poi Pistoia (10,26%) e Livorno (10,22%). Quest’ultimo resta il capoluogo più virtuoso della Toscana per il minor incremento di terreno ‘strappato’ alla natura (+0,02%) per la costruzione di infrastrutture, edifici o cantieri.
Il dato significativo è che di questi ettari consumati in Toscana il 30% si trova in aree a pericolo frana, il 5% con classe elevata o molto elevata. “Sarebbe ragionevole invertire la tendenza sia sull’attività edificatoria che sulla prevenzione del dissesto idrogeologico – hanno commentato Stefano Corsi e Gianpiero Porquier dell’Ordine degli Ingegneri di Firenze – ma resta un’intenzione che per diventare efficace e concreta deve potersi avvalere di un piano nazionale accompagnato dallo stanziamento di fondi adeguati”.
Per Stefano Corsi le normative per proteggere le aree a rischio frane ed evitare danni a persone e infrastrutture esistono, però quando poi si presenta l’opportunità di edificare spesso prevalgono interessi di tipo economico. Gianpiero Porquier ricorda che non ci sono fondi sufficienti per la prevenzione. Per questo serve un piano nazionale di messa in sicurezza del territorio che tuteli i Comuni e le zone a rischio.
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