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Ambiente e spiritualità, l’India di Gandhi al Film Festival di Firenze

Tara Gandhi, Mahatma Gandhi e Naina Febin. Toscana Ambiente
Da sinistra Tara Gandhi, Mahatma Gandhi e Naina Febin.
Al River to River Film Festival spiccano il documentario della giovane Naina Febin sulla conservazione del bambù e l’intervento di Tara Gandhi sul Mahatma e il Khadi. 

 

FIRENZE – Non è mancata la riflessione ambientale e spirituale alla ventesima edizione del River to River Indian Florence Film Festival che si è svolta online dal 3 all’8 dicembre con lungometraggi, cortometraggi, documentari e serie tv in streaming. Tra le storie più belle quella della giovane attivista indiana Naina Febin, studentessa che usa la musica per conservare il bambù, fondamentale per l’ecosistema, raccontata nel documentario Bamboo Ballads del pluripremiato regista Sajeed Naduthody.

La ragazza pianta alberelli di bambù in ogni spazio disponibile: campus scolastici, aree pubbliche, complessi privati. Distribuisce alberelli di bambù ai residenti nel suo quartiere. Naina sta persino scrivendo un libro sull’argomento. Ha formato una banda musicale che utilizza solo strumenti fatti di bambù. La band ha un solo obiettivo: diffondere la consapevolezza della conservazione della pianta. Bamboo Ballads accompagna lo spettatore attraverso un viaggio che copre la filosofia, il mito e l’eredità del bambù e la sua importanza nella conservazione dell’ambiente. Il documentario segue la vita dell’adolescente indiana che diffonde parole di pace per superare le disuguaglianze di casta e religione, aiutando così sia il pianeta che la comunità.

Tara Gandhi Bhattacharjee, nipote del Mahatma Gandhi,  dopo la proiezione del documentario La Ruota del Khadi ha partecipato a un incontro con il pubblico insieme alla regista Gaia Ceriana Franchetti argomentando sul significato culturale del Khadi, stoffa indiana della non violenza: “Bastava sedersi accanto al Mahatma per percepire vibrazioni positive e profonde, non era possibile accanto a lui sviluppare pensieri cattivi, perché questa era la forte influenza della sua spiritualità. Quando parliamo di Gandhi non dobbiamo mai dimenticarci di sua moglie Kasturba, senza la quale non sarebbe mai diventato quello che è diventato. Gandhi disse che la forza più efficace è il potere della madre che si trova in ciascuno di noi, sia che siamo madri, che padri, figli, bambini: esiste dentro ognuno di noi”.

Gandhi grazie al Khadi ha portato avanti un movimento delle popolazioni rurali indiane le quali, proprio nel periodo in cui non c’era lavoro nei campi, attraverso la filatura con arcolaio potevano sostentarsi. La filatura poteva anche dare loro un’autosufficienza senza ricorrere all’importazione di tessuti dall’estero, fatti con lo stesso filo indiano, con lo stesso cotone. Il Khadi divenne così il simbolo della non violenza portato avanti da Gandhi, proprio l’arcolaio, la ruota del Khadi. La particolarità del Khadi è che è filato e tessuto a mano. Per Tara “la rivoluzione non violenta che Gandhi ha messo a punto, prima di essere assassinato, si realizza nel termine Sarvodaya, ovvero il risveglio dello spirito umano in armonia con la natura. La filatura è anche meditazione. Fare filatura artigianale a mio avviso dovrebbe essere introdotto anche nelle scuole almeno come materia facoltativa”.

Ha concluso poi Tara Gandhi: “Con l’occasione volevo dire qualcosa sul Gange, che purtroppo viene spesso definito come un fiume inquinato mentre in realtà non dovremmo dire che il fiume è inquinato, che l’ambiente è inquinato, che la natura è inquinata, è la mente umana che è inquinata e che inquina e non la natura”.

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