Ecosistema

Allarme specie aliene invasive in Arno, non ci sono più i pesci di una volta

Specie aliene invasive, Arno Firenze, Toscana Ambiente.
Sinanodonta woodiana - ph credit Simone Cianfanelli (Foto da Università di Firenze)
Secondo uno studio dell’Università di Firenze solo il 6% delle specie originarie sono sopravvissute. Il turn over ha riguardato anche molluschi e crostacei.

 

FIRENZE L’espansione di specie aliene, si sa, può minacciare la biodiversità di un fiume e avere grandi impatti socio-economici con danni diretti alla salute o alle attività umane. La rottura dell’equilibrio ecologico e il rischio di estinzione di alcune specie sono ormai frequenti in molti fiumi europei e accendono una spia ulteriore sul cambiamento ambientale.

Che anche in Arno non ci siano più i pesci di una volta è adesso un’affermazione scientificamente fondata. Una ricerca pubblicata su Global Change Biology, a cui hanno partecipato due curatori del Sistema Museale dell’Università di Firenze, ha rivelato che nel giro di poco più di due secoli la popolazione ittica e di alcuni macroinvertebrati (molluschi e crostacei) nel tratto fiorentino del fiume Arno è completamente mutata. Solo il 6% delle specie di pesci originarie dell’Italia sono sopravvissute, sostituite dall’invasione di specie non autoctone provenienti dall’America, dall’Asia, dal Nord Europa. Il turn over ha riguardato anche i molluschi e i crostacei, di cui solo il 30% oggi può essere descritto come autoctono.

Il team di ricercatori, oltre a sviluppare proprie indagini, ha studiato l’ecosistema del fiume nell’arco di 215 anni sulla base di documenti storici e collezioni museali. Importante in questo senso è stato il contributo fornito da Gianna Innocenti e Simone Cianfanelli, rispettivamente curatrice della collezione di crostacei ed echinodermi e curatore della collezione di molluschi del museo della Specola. Il coordinatore del lavoro è stato Phillip Haubrock  del Museo della Natura di Francoforte, già ricercatore del Dipartimento di Biologia dell’Ateneo fiorentino.

Ma come è avvenuto questo scambio faunistico per cui oggi al posto di tinche, lucci, anguille, cavedani, rovelle e lamprede in Arno troviamo soprattutto i pesci-gatto punteggiati, i siluri, i pesci persico? La risposta va cercata nel quadro della crescita della regione intorno a Firenze tra il 1900 e il 1950, periodo durante il quale sono aumentate sia la domanda di cibo che il desiderio di attività ricreative. “Molte associazioni di pescatori e gli stessi fiorentini hanno intensificato le attività di pesca – spiegano i ricercatori – introducendo nel fiume in modo mirato anche specie non autoctone”.

Ma fra i motivi dello scambio tra specie vanno ricordati anche quelli che riguardano l’idromorfologia del fiume, precisano Innocenti e Cianfanelli: “L’Arno è stato canalizzato e scavato, si è avuto perciò un aumento del trasporto di correnti e sedimenti, con distruzione delle tane dei pesci. A questo tipo di cambiamenti, così come al crescente inquinamento ambientale, le specie invasive si sono adattate meglio di quelle locali”.

Fonte: Università di Firenze

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