Siccità, prelievi record, condutture colabrodo. Solo per rimanere in Italia. Eppure se ne parla poco e si fa ancora meno.
di Sandro Angiolini
Lo scorso 22 marzo è stata la Giornata mondiale dell’Acqua, un evento istituito dalle Nazioni Unite sin dal 1992 per sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni in merito alla sua corretta gestione.
Non sono un grande amante di questo tipo di ricorrenze, ma al di là delle raccomandazioni più banali (es. non sprecatela, riutilizzatela per altri usi dopo il primo, etc), la giornata aveva secondo me un significato maggiore di altri anni per almeno due motivi:
– la pandemia ha aumentato notevolmente il suo consumo: ci si lavano più spesso le mani, e più in generale si tende a igienizzare maggiormente tutto. Inoltre, trascorrendo più tempo in casa, per smart working e altre ragioni, se ne consuma comunque di più. Non è un problema da poco, specialmente se si tiene conto che l’Italia era già il Paese europeo con il più alto consumo pro – capite di acqua potabile (circa 240 lt/giorno); e con un corrispondente tasso di perdita media dalle condutture di circa il 40%. Sul perché non si intervenga con maggiore decisione per ridurne il consumo e per evitare le perdite il dibattito è aperto. Sul fatto che questo quadro sia ormai insostenibile, soprattutto se si pensa che il cambiamento climatico ci porterà ad avere maggiormente bisogno di acqua, non ci sono dubbi;
– veniamo, e non solo in Toscana, da due mesi di siccità. E non ne parla quasi nessuno. Certo, la guerra e la pandemia hanno a ragione monopolizzato l’attenzione dei media, ma davvero non comprendo come non passino messaggi e/o avvertimenti che spingano a tenere conto anche di questo aspetto. Se a tutto ciò aggiungiamo la forte probabilità che da Russia e Ucraina diminuisca notevolmente il flusso di concimi chimici normalmente utilizzati per le colture, capite che il rischio di ritrovarsi davanti un’estate con forniture ridotte di frutta e verdura (da pagare a prezzi altissimi) è più che reale.
Non ricordo poi che nel PNRR ci sia una particolare attenzione a questo tema. Per un Paese come il nostro, posto al centro del Mediterraneo, e dove la desertificazione colpisce già da anni alcune zone in varie regioni meridionali, significa ignorare la realtà. Accanto alla necessità di raggiungere il prima possibile una maggiore autonomia energetica (soprattutto potenziando le fonti rinnovabili), rimane quindi quella di saper gestire molto meglio la risorsa Acqua. Non sarebbe fantascienza, ma apparentemente sono pochi coloro che si impegnano a farlo con metodo, tra i tanti soggetti in gioco (università, enti, cittadini, imprese, etc). Tra non molto potremmo pagarne care le conseguenze.
OLTRE LA SIEPE è una rubrica settimanale che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possono impattare sulla scala locale e regionale toscana.
Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.
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