Agricoltura Attualità

A Firenze gli esperti redigono il Manifesto della sana alimentazione

Foto da Navdanya International.
Foto da Navdanya International.

Una due giorni di lavori ha visto esperti da tutto il mondo redigere il Manifesto “Food for Health”. Per Vandana Shiva “la salute del pianeta e quella delle persone sono una cosa sola”.

FIRENZE – “L’attuale emergenza sanitaria ha radici nello stesso sistema che ha contribuito alla crisi ecologica”. E’ questo il commento di Vandana Shiva, presidente di Navdanya International, al termine della due giorni di lavori che la scorsa settimana ha visto esperti da tutto il mondo incontrarsi a Firenze per redigere il Manifesto “Food for Health”, sulla scia del lavoro della Commissione internazionale sul Futuro del Cibo e dell’Agricoltura. L’ecologista e scienziata indiana ha poi puntato il dito contro l’agricoltura industriale: “La desertificazione, il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, l’inquinamento delle acque, il 75% dei problemi ecologici e le nuove epidemie sono correlati alle agrotossine e ai combustibili fossili usati in agricoltura”.

La dottoressa Shiva entra anche nella questione dei sistemi integrati: “È importante trovare alternative utili sia per il pianeta che per le persone. La salute del pianeta e la salute delle persone sono una cosa sola. Le alternative esistono e si basano sul rigenerare la salute della Terra tramite l’agro ecologia, la salvaguardia della biodiversità, la promozione della filiera corta e di sistemi alimentari a km 0. La salute, a partire da quella del suolo, fino a quella delle piante, degli animali e degli umani deve essere il principio organizzatore nonché il fine dell’agricoltura, del commercio, della scienza, della nostra vita e dei commerci internazionali.”

Il Manifesto, il cui titolo completo in italiano sarà: “Cibo per la salute. Coltivare la biodiversità, coltivare la salute”, una volta elaborato sarà diffuso ad agricoltori e cittadini di tutto il mondo, governi e stakeholder, e avrà come obiettivo mettere in evidenza l’inscindibile legame tra alimentazione e salute, elaborare strategie globali per superare il modello di agricoltura industriale, favorire la convergenza e l’azione dei movimenti per l’agroecologia e la salute pubblica per giungere a una visione comune di sviluppo sostenibile, equo e inclusivo.

Gli esperti del gruppo internazionale hanno fornito il loro contributo alla redazione del Manifesto. Hilal Elver, commissario speciale delle Nazioni Unite, ha denunciato la tossicità dell’attuale sistema di produzione industriale: “E’ cruciale un vero e proprio accesso ai procedimenti in base ai quali le decisioni vengono prese a livello istituzionale. Tutti gli studi e le analisi sono forse legati in qualche modo agli interessi delle multinazionali o sono realmente indipendenti? E’ un mito che l’utilizzo di agrotossici, un mercato del valore di circa 50 miliardi di dollari/anno e in crescita, sia necessario per sfamare la popolazione mondiale”. Un concetto ribadito da Nadia El-Hage, già Divisione Clima e Ambiente della FAO: “Abbiamo bisogno di un approccio ecologico al cibo e all’alimentazione. Dobbiamo promuovere la consapevolezza dei danni che causa l’uso della chimica in agricoltura”.

Anche Patrizia Gentilini,oncologa ed ematologa, membro del Comitato scientifico di ISDE – Associazione Medici per l’Ambiente, ha parlato dei danni causati a cittadini e ambiente: “Il problema dei pesticidi è un problema di salute pubblica. In pericolo sono soprattutto i bambini. Assistiamo a un aumento dei tumori infantili che, secondo un’indagine dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc), sono passati da 124 casi per milione di bambini fra 0 e 14 anni nel 1980 a 140 casi nel 2010 a livello globale.

Del problema della presenza dei pesticidi nel nostro cibo e della necessità di maggiori garanzie per la salute nella nostra dieta ha parlato Renata Alleva, specialista in Scienza dell’alimentazione, dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie, Università di Bologna, membro del Comitato Scientifico di ISDE – Associazione Medici per l’Ambiente: “Numerosi studi ci hanno dimostrato come il cibo contaminato ci mette a rischio di sviluppare diverse patologie. E’ importante dunque promuovere il consumo di cibo biologico, che in ogni caso contiene meno pesticidi e, come alcuni studi hanno dimostrato, è più ricco in polifenoli e antiossidanti, in media dal 20 al 60%”. 

Un altro importante aspetto è stato analizzato da Mira Shiva, medico, direttrice di Initiative for Health and Equity in Society – India: “L’uso indiscriminato degli antibiotici, negli animali destinati al consumo umano, causa maggiore resistenza ai medicinali delle malattie che affliggono le persone. C’è un conflitto d’interessi a diversi livelli. Dobbiamo superare l’idea che il cibo sia una merce e i cittadini dei semplici consumatori”.

Il sistema agricolo industriale e il modo in cui attualmente l’accesso ai semi viene regolamentato hanno un grande impatto sulla biodiversità. E’ stato riscontrato che più una dieta è “biodiversa” maggiori sono i benefici per la salute, come ha evidenziato Piero Bevilacqua, storico e scrittore, professore emerito di Storia Contemporanea dell’Università La Sapienza di Roma: “La perdita di biodiversità nell’area mediterranea causa una sostanziale diminuzione di varietà di alimenti vegetali. L’agricoltura industriale ha eliminato un’eredità di alimenti che hanno nutrito le persone per millenni”.

Riguardo alla biodiversità dei semi Salvatore Ceccarelli, esperto di Agronomia e Genetica Vegetale, ha puntualizzato un aspetto di cui ancora si parla troppo poco: “Come facciamo a mangiare ‘diverso’ se il 60% delle nostre calorie deriva da appena tre specie vegetali, cioè frumento, riso e granturco? E come facciamo a mangiare diverso se quasi tutto il cibo che mangiamo è prodotto da varietà che, per essere legalmente commercializzate – cioè perché i loro prodotti possano trovarsi legalmente nei supermercati – devono essere iscritte a un catalogo che si chiama registro varietale, e che per essere iscritte a tale registro debbono essere uniformi, stabili e riconoscibili?”

Secondo Guy D’hallewin, coordinatore, CNR – ISPA UOS Sassari, “l’agricoltura intensiva e l’uso di prodotti chimici ha ridotto significativamente la diversità genetica delle piante selvatiche spontanee. Questa perdita di biodiversità ha un impatto negativo anche sulle conoscenze rurali tradizionali. E’ molto importante recuperare per esempio i frutti antichi anche al fine di preservare le culture alimentari locali. Ora il mercato globalizzato offre solo una ristretta gamma di tipi di frutti, dal punto di vista della diversità genetica. Studi recenti hanno dimostrato che molte varietà locali ‘antiche’ hanno alte proprietà antiossidanti, grazie agli alti livelli e alla grande varietà dei polifenoli in esse contenuti. Inoltre in questi frutti il contenuto in fibra è più alto, mentre il contenuto totale di zuccheri è più basso”.

Lucio Cavazzoni, fondatore dell’azienda biologica Alce Nero, ha fornito dati sulla carenza di principi nutritivi degli alimenti odierni rispetto al passato: “I grani moderni sono causa di allergie e intolleranze che la stessa UE stima incidere almeno per il 20% del totale. Secondo una ricerca dell’ISPRA, le mele della Provenza di oggi hanno il 5% delle vitamine contenute nelle stesse mele di 60/100 anni fa. Dobbiamo considerare che il cibo che mangiamo oggi è cibo impoverito, cibo industriale”.

Ruchi Shroff, direttrice di Navdanya International, ha concluso i lavori: “Nell’agricoltura biologica e biodiversa, nella libertà di accesso ai semi per i contadini e i cittadini, nelle economie circolari basate sulla dignità del lavoro, possiamo trovare le soluzioni ai problemi ecologici, climatici, sociali ed economici. Continueremo a rivendicare i diritti dei cittadini e dei piccoli e medi produttori, che pur venendo schiacciati dagli attuali meccanismi del mercato, sono gli unici in grado di garantire una produzione di cibo genuino e di qualità. Inoltre non smetteremo di combattere il tentativo di presa di potere da parte di un esiguo numero di multinazionali molto potenti, che invece di essere regolate dai nostri rappresentanti eletti dai cittadini, riescono sempre più a vestire i panni dei regolatori attraverso pesanti azioni di lobby, ponendo così una grave minaccia al nostro stesso sistema democratico”.

Fonte: Navadanya International

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