Oltre la siepe - di Sandro Angiolini

Terreni e acque inquinati, bonifiche rimandate: una triste storia italiana…

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Foto Legambiente

Nella vicenda della Terra dei Fuochi al grave problema ambientale se n’è aggiunto uno tipicamente italiano: la rimozione del caso.

 

di Sandro Angiolini
3 febbraio 2025

Ci sono notizie che durano lo spazio di un’ora, altre di un giorno, raramente ne troviamo che durino nella nostra memoria per almeno una settimana. Non so quindi quanti di voi abbiano notato che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia per non aver protetto la vita degli abitanti della cosiddetta “Terra dei fuochi”, nel Casertano, e per non avere agito contro l’interramento illegale di rifiuti tossici. Parliamo di una vasta area dove, almeno da 25 anni, sono stati interrati e/o bruciati clandestinamente tonnellate di rifiuti tossici o pericolosi.

Nella sentenza si afferma che l’Italia ora ha due anni di tempo per adottare “una strategia complessiva” per affrontare la situazione, strategia che preveda l’istituzione di un meccanismo di monitoraggio indipendente e la creazione di una piattaforma pubblica di informazione.

Sì, perché al serio problema ambientale se n’è aggiunto uno tipicamente italiano: la “rimozione” del caso, la sua sottovalutazione, la mancanza di un’informazione completa e trasparente, e soprattutto la mancanza di investimenti adeguati per risolverlo (tenete presente che, molto spesso, si dovrà asportare, rimuovere e trattare/smaltire il profondo strato di terreno interessato).

La mancata bonifica di suoli inquinati è una caratteristica che colpisce molte aree del nostro Paese e su cui si preferisce chiudere un occhio piuttosto che agire. Situati spesso presso aree minerarie abbandonate, coinvolgono circa 150.000 ettari di terreni e 77.000 ettari di superfici marine, principalmente in Piemonte, Lombardia e Sardegna. Mancano soldi, specialisti (le tecniche in realtà ci sarebbero) o la volontà politica di investirci?

Questa notizia fa il paio con un’altra, che è rimbalzata sul sito del quotidiano spagnolo El Pais: ci ricorda che dal 1° gennaio 2025 è entrata in vigore la nuova direttiva Ue sulla qualità minima da rispettare per le acque reflue urbane.
Oltre a un miglior monitoraggio degli inquinanti chimici – come i PFAS e le microplastiche– le nuove norme prevedono anche un maggiore controllo degli agenti patogeni e della resistenza microbica.

A pagare il prezzo più alto in base alle nuove regole saranno proprio le aziende cosmetiche e farmaceutiche, che dovranno farsi carico dell’80% dei costi di rimozione dei microinquinanti, secondo il principio “chi inquina paga”. Dovremo però aspettare il 1° agosto 2027 prima che ogni Stato membro metta a punto le procedure e i sistemi amministrativi per regolare il tutto e il 2035 per interessare tutti gli agglomerati, fino a quelli con almeno mille abitanti (lasciando così “buchi” nelle altre aree meno popolate).
Piccola morale: ognuno – soprattutto gli Stati – si sceglie i problemi ambientali (e non solo) che vuole…

 

Sandro Angiolini_piccolaOLTRE LA SIEPE è una rubrica settimanale che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possono impattare sulla scala locale e regionale toscana.
Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.

È di recente uscito il suo libro “Comunicare meglio-istruzioni per l’uso”, un manuale divulgativo sulle tecniche di comunicazione rivolto ai non addetti ai lavori.
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