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Università di Siena: “L’ecosistema si preserva con la diversità”

Il bostrico tipografo, l’insetto killer che divora i boschi italiani
Il bostrico tipografo, l’insetto killer che divora i boschi italiani

Un ecosistema può essere più vulnerabile se presenta una bassa diversità funzionale di specie o una carenza nella diversità evolutiva.

 

Redazione
23 dicembre 2024

SIENA – Quantificare l’impatto dei pericoli dovuti a cause naturali e individuare i relativi processi ecologici è fondamentale per identificare misure di adattamento efficaci e preservare la stabilità a lungo termine delle foreste. Il mese scorso i ricercatori dell’Università di Firenze hanno fatto sapere che la diversità di specie e dimensione degli alberi potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella resistenza delle foreste contro i rischi derivanti da minacce naturali.

È la valutazione a cui è giunto il team coordinato da Giovanni Forzieri, ricercatore dell’Ateneo fiorentino che ha stimato la perdita di biomassa dovuta a disturbi naturali sulle foreste europee dal 1979 al 2018: “Integrando le osservazioni di incendi, tempeste e parassiti, i risultati dimostrano che il miglioramento dell’eterogeneità dell’ecosistema potrebbe ridurre la perdita di biomassa di circa il 18%”. 

Uno studio che ha visto la partecipazione di Gianmaria Bonari e Hamid Gholizadeh del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Siena, diffuso in questi giorni, offre altri spunti significativi per la conservazione della natura: “Un ecosistema può essere più vulnerabile se presenta un numero insufficiente di specie funzionalmente diversificate o una carenza di diversità evolutiva”Le specie vegetali possono svolgere quindi funzioni diverse all’interno di un ecosistema, anche se strettamente imparentate tra loro.

“Finora gli scienziati hanno ipotizzato che, in un ecosistema, esista una correlazione positiva tra i tratti funzionali delle piante, come l’altezza o la struttura delle foglie, e la loro diversità filogenetica – spiega Helge Bruelheide dell’Università Martin Luther di Halle-Wittenberg -. In altre parole, più le specie sono lontanamente imparentate, più i loro tratti funzionali dovrebbero differire ma una protezione ambientale efficace non significa semplicemente proteggere i siti più ricchi di specie ma considerare anche la diversità filogenetica”. 

Il team di scienziati internazionali ha analizzato 1,7 milioni di rilievi provenienti dal database di vegetazione più ampio al mondo, sPlot. I ricercatori hanno combinato questi dati con una filogenesi globale di tutte le specie vegetali e il più grande database al mondo di tratti funzionali delle piante, TRY. “Il risultato è stato sorprendente: abbiamo scoperto che non esiste una correlazione positiva tra diversità funzionale e filogenetica. Anzi, le due sono spesso negativamente correlate”, conclude Georg Hähn dell’Università di Bologna.

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