Riparte lo scavo del Perucetus colossus, il cetaceo gigante da 340 tonnellate scoperto nel deserto di Ica. Obiettivo: riportare alla luce il resto dello scheletro.
Redazione
11 ottobre 2024
PISA – Hanno scoperto il più grande animale di sempre e ne ha parlato tutto il mondo. Adesso i paleontologi dell’Università di Pisa sono tornati nel deserto di Ica, in Perù, dove nel 2023 è stato ritrovato parte dello scheletro di Perucetus colossus, il cetaceo vissuto circa 40 milioni di anni fa che si stima possa essere stato l’animale più pesante mai esistito sulla Terra. Una scoperta incoronata dal National Geographic come una delle tre scoperte scientifiche più straordinarie del 2023.
La nuova spedizione, sempre coordinata dall’Università di Pisa, vuole riportare alla luce il resto dello scheletro, incluso il cranio. Per estendere l’area di ricerca i paleontologi sono ricorsi a un grande escavatore che ha permesso di rimuovere parecchi metri cubi di roccia fino a giungere a circa un metro al di sopra dello strato fossile. In questo modo è stato creato un ampio terrazzo sul quale i paleontologi peruviani potranno lavorare con maggiore facilità, rimuovendo con martelli pneumatici gli strati di roccia che ancora celano il resto dello scheletro.
Alla spedizione hanno partecipato Giovanni Bianucci, coordinatore del progetto e i paleontologi del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa Alberto Collareta, Giulia Bosio e Francesco Nobile insieme a geologi e micropaleontologi delle Università di Camerino e Milano Bicocca.
Il ritrovamento nel 2023 del gigantesco fossile di 37 milioni di anni fa, un antenato delle balene e dei delfini, aveva catturato l’attenzione perché potrebbe essere stato il più grande animale mai esistito: 20 metri di lunghezza per 340 tonnellate di peso, quasi il doppio della più grande balenottera azzurra.
“I precedenti scavi, andati avanti per oltre dieci anni, – spiega Bianucci – erano stati fortemente ostacolati dalle condizioni proibitive del sito. Il fossile era parzialmente sepolto in una collina situata in una delle zone più inaccessibili e inospitali del deserto di Ica e la roccia che lo conteneva era estremamente dura. L’uso dello scavatore è stata pertanto una soluzione estrema dettata dall’eccezionale importanza del reperto e dall’impossibilità di procedere nello scavo con i mezzi tradizionali. Quando si recuperano i reperti fossili si fa infatti molta attenzione a limitare il più possibile l’impatto su queste aree desertiche, ancora incontaminate dall’uomo”.
“La frammentarietà dello scheletro ritrovato – aggiunge Collareta – ha lasciato molti interrogativi aperti su vari aspetti della morfologia e dell’ecologia di Perucetus. In particolare, l’assenza del cranio e dei denti consente solo ipotesi speculative sulla sua alimentazione: era un erbivoro, come gli odierni lamantini, oppure uno spazzino che si nutriva di carcasse di vertebrati marini?”
“Il prossimo passo sarà dunque decisivo per ottenere nuovi indizi su come fosse fatto e su cosa si cibasse l’unico esemplare finora noto alla scienza di questo straordinario gigante marino di quasi 40 milioni di anni fa”, conclude Bianucci.
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