Ecosistema

Reti fantasma: per catturarle arrivano anche in Toscana i ‘Ghostbusters dei mari’

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Un progetto dell’ISPRA finanziato dal Next Generation Eu. Presto all’opera lungo le coste italiane subacquei altamente specializzati e robot sottomarini filoguidati.

 

di Iacopo Ricci
1 agosto 2024

Sotto la superficie del mare ci sono delle vere e proprie trappole mortali che ricoprono come macabri festoni interi tratti di scogliera. Si tratta delle cosiddette “Ghost Nets” o “reti fantasma”, utilizzate per la pesca e poi abbandonate o perse in mare. Il problema si sta aggravando anno dopo anno e le conseguenze sugli ecosistemi marini rischiano di diventare irreparabili. I dati ISPRA su questo sono impietosi: l’86,5% dei rifiuti in mare è legato alle attività di pesca e acquacoltura e il 94% di questi sono reti abbandonate, alcune lunghe addirittura chilometri.

È urgente correre ai ripari. Nell’ambito del progetto MER (Marine Ecosystem Restoration) finanziato dal Pnrr l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha dato il via alle procedure per ripulire le acque da queste attrezzature in 20 siti lungo le coste italiane di Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia, Puglia, Marche, Emilia-Romagna e Veneto. Il piano, che include la rimozione, la raccolta, il trasporto, lo smaltimento e il riciclo delle “reti fantasma” andrà avanti fino al 30 giugno 2026.

Cosa sono le reti fantasma

Da sempre nell’attività di pesca inconvenienti vari portano alla perdita di spezzoni o di reti intere, che diventano così parte integrante degli scogli o dei relitti in profondità. Un tempo le reti si tessevano impiegando fibre vegetali, cotone o canapa. Erano quindi biodegradabili e destinate a decomporsi nel giro di qualche anno. Oggi sono fatte con polimeri sintetici diventando praticamente indistruttibili. Ricoprono come orrendi festoni interi tratti di scogliera e si trasformano in veri e propri “muri della morte” per la fauna marina che vi rimane intrappolata, senza contare il pericolo per la sicurezza di sub e bagnanti.
Un altro effetto perverso è che, con il passare del tempo, le micro-particelle sintetiche delle quali sono composte si disperdono in mare e a quel punto recuperarle diventa quasi impossibile.

i “Ghostbusters dei mari”

Ecco perché l’ISPRA ha già avviato le attività di monitoraggio per identificare con precisione i siti critici per la rimozione di questi oggetti e preservare la flora e la fauna locale: una procedura che coinvolgerà una squadra di “Ghostbusters dei mari”: subacquei altamente specializzati e robot sottomarini filoguidati (ROV) con braccia meccaniche per tagliare, manipolare e rimuovere le reti a profondità superiori ai 40 metri nel rispetto di un rigoroso piano di sicurezza. Non si tratta di una semplice pulizia, fa sapere l’istituto, ma di un intervento preciso e meticoloso, simile al restauro di un dipinto, che valuta attentamente le condizioni di ogni sito per ridurre al minimo i danni a flora e fauna e avviare a riciclo la maggior quantità possibile della plastica recuperata. Un passo fondamentale per mari più puliti e sostenibili, liberi dalle minacce delle reti fantasma e protetti nella loro biodiversità.

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