Segnalazioni

In Valdera sta arrivando un Ecomostro, lo chiamano “Cittadella della logistica”

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Rendering del progetto tratto dallo studio di inserimento paesaggistico-ambientale pubblicato sul sito del Comune

Con un’area di intervento di 37 ettari, che saranno in gran parte cementificati, impatterà in maniera smisurata su un territorio pesantemente urbanizzato.

 

di Legambiente Valdera ETS
29 giugno 2024

CRESPINA LORENZANA (Pi) – Un cubo che occuperà la superficie di 13 campi di calcio e più alto di un normale campanile; un’area di intervento di oltre 37 ettari che verrà in gran parte cementificata, quasi quanto tutto l’abitato di Cenaia, la frazione più grande del comune di Crespina-Lorenzana.

Queste le cifre della “Cittadella della Logistica”, un gigantesco Ecomostro, che dovrebbe sorgere a Lavoria e per la quale le procedure di approvazione stanno andando avanti velocemente senza che il Consiglio comunale si sia mai espresso sull’argomento, neanche per dettare qualche timido indirizzo, o per ricordare l’allarme dell’ultimo rapporto SNPA sul consumo di suolo e la Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione (17 giugno).

Il progetto, sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica, “dimentica” di considerare, oltre all’enorme consumo di suolo, gli effetti sul traffico, la mancanza in tutta l’area di depuratori e di un’adeguata rete fognaria, la vicinanza di vari ettari di terreni contaminati da anni di spandimento indiscriminato dei liquami prodotti dall’allevamento intensivo di suini “Torre a Cenaia” ancora in dismissione e mai bonificati, la vicinanza con la discarica di Gello: tutti elementi che già gravano il territorio su cui l’Ecomostro verrebbe costruito.

Inoltre, l’impermeabilizzazione di vari ettari di terreno che si avrebbe realizzando il progetto, rispetto al rischio idraulico di una pianura alluvionale a pericolosità idraulica media, si aggiungerebbe agli effetti di altre urbanizzazioni più o meno recenti e di previsioni di piano che non intendono arrestare il consumo di suolo di futuri progetti, aspetto questo in controtendenza rispetto agli indirizzi nazionali e comunitari che impongono sempre più nei Comuni una limitazione nell’uso e consumo del suolo.

Il progetto poi non valuta i possibili effetti inquinanti dovuti al dilavamento dei circa 10 ettari di piazzali di stoccaggio, movimentazione e manovra di mezzi pesanti e non che, senza dotazione di impianto di trattamento delle acque meteoriche o di lavaggio, verranno convogliate direttamente in vasche “con fondo inerbito”, dove si andranno a depositare tutta una serie di sostanze inquinanti quali idrocarburi, solventi, vernici e altre sostanze chimiche trasportate nella stessa acqua non trattata, che verranno quindi assorbite dal terreno, arrivando a poter contaminare le acque sottostanti.

In aggiunta a ciò, accanto alle suddette vasche sarà realizzato un impianto di smaltimento delle acque nere con trattamento di fitodepurazione e successiva dispersione dei liquami nel terreno, mentre non si fa parola dello smaltimento dei reflui derivanti da non ben precisati tipi di lavorazione. È questa una grave carenza, vista anche la vicinanza del campo “pozzi Cenaia” costituito da sei captazioni di acque sotterranee destinate al consumo, per il quale occorre evitare il rischio di contaminazione derivante da una inadeguata gestione degli inquinanti.

Le lavorazioni previste nella struttura così come riportate nelle varie documentazioni presenti in atti sono descritte in maniera molto generica, vaga e incompleta e indicate in maniera approssimativa come attività di assemblaggio, trattamento superfici e verniciatura ma le dimensioni della struttura, che destina 7 ettari circa di superficie alle lavorazioni e l’area di un campo da calcio alla sola falegnameria, fanno pensare a un insieme di attività legate a processi produttivi e di finitura di importante entità, che sarebbe bene conoscere e approfondire per poterne valutare adeguatamente gli effetti.

Il Rapporto Ambientale è stato inoltre riconosciuto come carente per molti aspetti relativi ad aria, energia, acqua, rifiuti, né sono al momento note garanzie sull’eventuale fine-vita di questa mastodontica struttura: in caso di dismissione, che fine faranno i 20 ettari cementificati? E tutto il resto di apparati, come verrà recuperato e da chi?

Come Legambiente, insieme all’Associazione Orizzonte Comune, abbiamo chiesto all’Amministrazione comunale di sospendere il procedimento di Valutazione fino a quando il quadro conoscitivo e quello progettuale non saranno adeguatamente integrati e completati delle parti mancanti. Per un intervento di tale portata, che impatta in maniera smisurata rispetto al territorio su cui andrà a insistere, pensiamo che prima di assumere evidenti rischi e inconvenienti a carico della collettività, che potrebbero durare e gravare la stessa per molto tempo, le istituzioni e la comunità locale debbano necessariamente approfondire gli aspetti più impattanti del progetto ed eventualmente proporre i necessari adeguamenti, senza nessuna preclusione, nell’interesse della cittadinanza tutta, compresa la possibilità di non accettare la proposta.

Non è possibile che un progetto come questo vada avanti con delibere di Giunta comunale votate da poche persone: è necessario che venga descritto e spiegato in assemblee pubbliche, consigli comunali aperti e se necessario, con un adeguato processo partecipativo.

L'area destinata a ospitare la struttura com'è adesso.
L’area destinata a ospitare la struttura com’è adesso

 

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