Secondo uno studio sulle cozze le nanofibre derivanti da fibre vegetali non causano tossicità tali da mettere a rischio la sopravvivenza della specie.
Redazione
18 aprile 2024
SIENA – Le nanofibre di cellulosa (CNF) sono una biomassa prodotta riducendo le dimensioni della cellulosa derivante da fibre vegetali in dimensioni “nano”, ovvero svariate centinaia di volte più piccole di un micrometro. Le CNF sono caratterizzate da un basso impatto ambientale da produzione e smaltimento poiché derivate dalle piante. Offrono leggerezza, elevata resistenza, proprietà antiespansione e sono utilizzate per un’ampia gamma di prodotti, compresi automobili, elettrodomestici e materiali da costruzione.
Queste fibre rappresentano una promettente risorsa per molteplici settori industriali, ma quale impatto hanno sull’ambiente marino? Il problema è stato affrontato da Laura Riva e Carlo Punta del Politecnico di Milano, da Tatiana Rusconi e Ilaria Corsi del Dipartimento di Science Fisiche, della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena e da Montserrat Solè dell’Instituto de Ciencias del Mar di Barcellona. La ricerca si è concentrata su alcuni organismi marini considerati sentinelle della qualità del mare, i mitili, meglio conosciuti come cozze.
Sono state analizzate due tipologie di nanofibre di cellulosa, ossidate e non ossidate, per valutarne l’impatto ecotossicologico sul mitilo mediterraneo e stabilirne la sicurezza per l’ambiente marino. I risultati hanno evidenziato come queste fibre possano interessare la risposta immunitaria del mitilo e alterare la funzionalità delle branchie in seguito a interazioni di carattere fisico (adesione superficiale). Tuttavia, non sono state osservate tossicità tali da mettere a rischio la sopravvivenza della specie né condizioni di stress capaci di alterare la sua risposta ai cambiamenti ambientali.
La sperimentazione condotta in laboratorio ha permesso altresì di escludere possibili cambiamenti del pH e della salinità delle acque marine in seguito al rilascio delle nanofibre mimando scenari espositivi realistici come quelli associati al loro trasporto con i reflui di depurazione nelle aree marine costiere. Pe Ilaria Corsi comunque “servono ulteriori ricerche per una valutazione del rischio ecologico che tenga conto di tempi di esposizione cronici e condizioni di stress multiplo come quelli che ormai interessano le aree marino-costiere del Mediterraneo”.
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