Indagine ARPAT in collaborazione con l’Università di Siena. Colpiti soprattutto i giovani delfini. Saranno monitorati anche cozze, telline e naselli.
di Gabriella Congedo
4 marzo 2024
Concentrazioni anche molto alte di Pfas negli animali marini spiaggiati sulle coste toscane e indebolimento del loro sistema immunitario. A queste prime conclusioni è arrivata una ricerca condotta da ARPAT (Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana) su delfini (Stenella striata), tartarughe marine Caretta caretta e giovani squali, animali già monitorati dall’agenzia per conto dell’Osservatorio Toscano Cetacei.
L’individuazione di sostanze perfluorurate (PFAS) negli animali marini è un campo d’indagine ancora poco esplorato. La ricerca, avviata da Arpat in collaborazione con l’Università di Siena, ha riscontrato concentrazioni anche molto alte di questi inquinanti persistenti (non per nulla sono conosciuti come forever chemicals) e un sistema immunitario indebolito, condizioni che potrebbero costituire una concausa di morte dell’animale insieme ad altri fattori.
I campioni di tessuto prelevati dagli esemplari spiaggiati o catturati accidentalmente (26 stenelle, 2 tartarughe e 9 squali) sono stati analizzati utilizzando la cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa ad alta risoluzione. Ne sono emerse alcune informazioni interessanti:
– nei tessuti di squali e di tartarughe le concentrazioni sono generalmente molto inferiori rispetto a quelle dei delfini;
– nei delfini (stenella striata) sono state trovate maggiori contaminazioni nel fegato rispetto al cervello e al sangue, mentre nel muscolo si hanno quelle più basse; nel tessuto cerebrale sono predominanti i PFAS carbossilati a catena lunga;
– le concentrazioni di PFAS sono maggiori nei delfini più giovani (appena svezzati o ancora allattati) mentre non sono emerse differenze di rilievo tra maschi e femmine.
La ricerca dei contaminanti si è estesa anche al contenuto dello stomaco degli animali con l’esame delle prede (acciughe, sardine, gamberi, granchi, chiocciole di mare, seppioline) per ricostruire il percorso all’interno della catena alimentare. Questa prima indagine sui contenuti gastrici (11 campioni) ha mostrato una minore concentrazione di PFAS nei pesci (acciuga, argentina e nasello) rispetto a crostacei e molluschi. L’indagine proseguirà anche su cozze, telline e naselli, sempre in collaborazione con l’Università di Siena.
Cosa sono i Pfas
I Pfas sono composti chimici quasi indistruttibili utilizzati per produrre materiali come il Teflon e il Gore-tex e si possono trovare nella carta per alimenti, nelle padelle antiaderenti, nell’abbigliamento tecnico, nei tessuti impermeabili e antimacchia e anche nella carta igienica.
Non vengono mai degradati nell’ambiente e per questo sono conosciuti come forever chemicals, inquinanti eterni. Grazie alla loro scarsa o nulla biodegradabilità si bioaccumulano nella flora, nella fauna selvatica e negli esseri umani. Numerosi studi hanno confermato la loro pericolosità e tossicità sia per l’ambiente che per la salute umana.
Alla famiglia dei Pfas appartengono il Pfos (perfluoroottano solfonato) e il Pfoa (acido perfluoroottanoico), dichiarati pericolosi e banditi dalla produzione in Europa e negli Stati Uniti a partire dallo scorso decennio.
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