‘La terra che salva la terra’ di Michele Dotti e Fabio Roggiolani ribadisce come un’agricoltura senza aratura possa riportare la biodiversità e la fertilità nel suolo.
di Marcello Bartoli
26 febbraio 2024
Nella seconda metà del Settecento, quando gli europei portarono la loro agricoltura nell’America settentrionale, i nativi praticavano essenzialmente semine, trapianti e vangature, fertilizzando il terreno con foglie, scarti vegetali o animali e terriccio di bosco. In seguito l’area veniva abbandonata così che potesse ristabilirsi spontaneamente. I raccolti erano molto abbondanti, costituiti principalmente da granturco, fagioli e zucche. L’agricoltura europea invece si distingueva per ripulire completamente il suolo prima di coltivare.
Ancora prima di Masanobu Fukuoka o Bill Mollison, il padre della Permacoltura, altri avevano criticato il sistema basato sull’aratura del terreno su larga scala, come Edward Faulkner che nel 1943 scrisse La follia dell’agricoltore. Secondo questi esperti “se l’obiettivo della lavorazione del suolo è quello di arieggiare gli strati superiori dissodando le zolle, e rovesciando gli strati del suolo seppellire le erbe infestanti e portare in superficie i nutrienti, quando le erbe native e le loro radici profonde vengono capovolte si avvia una rapida decomposizione di questa materia organica, che attiva un abbondante flusso di nutrienti per il primo ciclo di coltura, ma lascia il suolo sempre più impoverito ad ogni ciclo colturale”.
Quando un campo viene arato la fertilità, in realtà, decresce immediatamente e le sostanze necessarie vanno reintrodotte in maniera costante. Oggi gli interventi a seguito del dissodamento del terreno prevedono l’uso di fertilizzanti chimici, pesticidi, erbicidi e macchinari complicati e costosi generando inquinamento, facendo produrre cibo impoverito e riducendo la biodiversità vegetale e animale.
Il problema è che la fertilità del suolo non è sintetizzabile con la semplice aggiunta di azoto, fosforo e potassio, i tre minerali sintetici con cui continuiamo a impregnare il terreno, ma c’è bisogno di tutti i microrganismi che aiutano a trattenere e assorbire le sostanze nutritive, dell’humus e di tutti i minerali essenziali che, in assenza di un suolo fertile e strutturato, vengono velocemente dilavati nelle falde acquifere, da cui gli eccessi di nutrienti azotati distruggono fiumi, laghi e oceani.
Il suolo è difatti un ecosistema complesso, brulicante di vita, con circa 50 miliardi di microbi in 1 cucchiaio di terreno, inclusi batteri, funghi, lieviti, protozoi, alghe e nematodi. Questi microrganismi rendono disponibili le sostanze nutritive per le piante, strutturando il suolo e favorendo il movimento dell’acqua e dell’aria, il controllo delle malattie e la crescita delle piante.
Rivoltando il terreno lo si espone all’aria, che lo asciuga, e ai raggi ultravioletti del sole, che lo sterilizzano. Al contempo il suolo rilascia anche molti dei suoi nutrienti, come il carbonio e l’azoto. In più, senza una quantità sufficiente di materia organica non trattiene bene l’acqua e diventa facilmente erodibile. Quando si scava il suolo per la prima volta, le piante crescono meglio perché i microrganismi muoiono e rilasciano i loro nutrienti. Il problema è che funziona solo una volta e poi il suolo è morto. Quindi le piante diventano più inclini alle malattie e richiedono fertilizzanti chimici e pesticidi, che uccidono i microrganismi residui del suolo.
Questi e altri concetti sono espressi nel libro La terra che salva la terra di Michele Dotti e Fabio Roggiolani, con i contributi del premio Nobel Rattan Lal e di Piero Gattoni, Andrea Battiata, Maria Grazia Mammuccini, Paolo Rava, Guido Bezzi, Mario Pascucci, Teresa Borgonovo, Giovanni Battista Girolomoni. Più di 130 pagine di riflessioni sul possibile ruolo che l’agricoltura può giocare – attraverso tecnologie innovative e pratiche consapevoli – nel riportare biodiversità e fertilità nel suolo, riducendo l’inquinamento e il consumo di acqua, creando salute e producendo energia rinnovabile.
Fabio Roggiolani è cofondatore di Ecofuturo Festival, vicepresidente del Gruppo Informale per la Geotermia e l’Ambiente (GIGA) e membro del direttivo del Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica (Free). Michele Dotti si definisce un educAttore, formatore, scrittore. E’ cofondatore di Ecofuturo e direttore di L’Ecofuturo Magazine.
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