Rifiuti e riciclo

Truffa dei rifiuti, la Regione si costituisce parte civile

Foto da www.arpat.toscana.it
Foto da www.arpat.toscana.it

L’operazione “Dangerous Trash” ha portato all’arresto di sei persone e al sequestro di due aziende livornesi. Rifiuti pericolosi “mascherati” come ordinari per risparmiare sullo smaltimento.

LIVORNO – “La Toscana non è terra di mafia, ma le mafie ci sono. E l’operazione che ha portato agli ultimi sei arresti ne è una nuova e chiara dimostrazione. Non ci sono soltanto le mafie “silenti” che investono e fanno affari. Sono presenti anche forme più diffuse, invasive e forse anche più pericolose di associazioni criminali, quelle che sfruttano i più vulnerabili, o deturpano irrimediabilmente l’ambiente e la salute pubblica”.
Così il presidente della Toscana, Enrico Rossi, all’indomani dell’inchiesta che ha portato all’arresto di sei persone per traffico illecito di rifiuti, associazione per delinquere e truffa aggravata ai danni della Regione Toscana e al sequestro di due aziende livornesi.

L’indagine, che ha impegnato la Polizia giudiziaria per ben due anni, ha verificato che presso queste imprese arrivavano da mezza Italia rifiuti di ogni tipo, anche speciali o pericolosi, come cartucce di stampanti, filtri dell’olio motore, contenitori contaminati da vernici, stracci imbevuti di sostanze pericolose. I rifiuti, che arrivavano con il codice corretto, erano sottoposti a un trattamento fittizio al termine del quale veniva attribuito un nuovo codice che li identificava come non pericolosi. A questo punto venivano miscelati con altri e tritati, “mascherati” insomma come ordinari per risparmiare sui costi di smaltimento e sull’ecotassa regionale o perfino re-immessi nel processo produttivo come materia prima seconda o trattati come merci.
Il danno subito dalla Regione Toscana ammonterebbe a oltre 4 milioni di euro.

 Nell’operazione, coordinata dai Carabinieri Forestali e chiamata “Dangerous trash” , un ruolo importante l’ha svolto anche ARPAT, che ha svolto accertamenti e sequestri sui mezzi che trasportavano i rifiuti in entrata e in uscita dagli impianti; ha effettuato le analisi sul grado di pericolosità dei rifiuti che hanno permesso di accertarne la vera natura; ha scoperto il sistema truffaldino del cosiddetto “giro bolla” che maschera con false registrazioni la reale composizione dei carichi.
Le false dichiarazioni sulla non pericolosità dei rifiuti, con gli ingenti risparmi realizzati sui costi di smaltimento, hanno permesso dunque alle aziende coinvolte di stare sul mercato a prezzi più vantaggiosi, svolgendo un’attività di concorrenza sleale verso le imprese che lavorano onestamente e danneggiando tutta la comunità.

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