Secondo uno studio della Sant’Anna di Pisa i lombrichi potrebbero vivere sulla Luna per renderla fertile e produrre cibo per gli astronauti. Intanto la Terra rischia il collasso.
di Marcello Bartoli
30 marzo 2023
E’ risaputo, i lombrichi svolgono innumerevoli compiti fondamentali per la Terra, a tutte le latitudini, affinché questa possa mantenersi fertile e ricca. Ad esempio scavando gallerie e depositando deiezioni rimescolano gli strati e permettono all’aria e all’acqua di penetrare fin negli strati più profondi del suolo. Mescolando col suolo grandi quantità di materiale organico consentono poi ai microrganismi di demolire più facilmente le sostanze organiche e di produrre humus prezioso per trattenere acqua ma soprattutto per nutrire le piante. I lombrichi, che si nutrono di ogni tipo di materiale organico, trascinano poi il cibo nelle gallerie, liberano il suolo da foglie morte e rametti e permettono alle radici delle piante di crescere più facilmente.
E’ di questi giorni la notizia che, secondo uno studio coordinato dalla Scuola Sant’Anna di Pisa, i lombrichi sono in grado di sopravvivere e riprodursi su un simulante di regolite lunare (l’insieme di sedimenti, polvere e pietre che compongono lo strato più superficiale del suolo lunare). La scoperta aprirebbe nuovi scenari sulla possibilità di una futura crescita di colture nello spazio, cibo fresco per gli astronauti insomma.
Lo studio in particolare ha investigato la capacità di una determinata specie di lombrico (Eisenia fetida, conosciuto come verme rosso californiano e comunemente usato per la produzione di vermicompost) il quale ospita nel suo sistema digerente un particolare microbiota che, se rilasciato nel terreno, promuove la crescita delle piante e ne aumenta la tolleranza agli stress. “L’azione dei lombrichi potrebbe così contribuire a ridurre i costi e le sfide logistiche del trasporto di materiale per la coltivazione dalla Terra alla Luna – spiega Donato Romano, primo autore dello studio – sfruttando così direttamente il suolo lunare”.
Al di là della sensazionalità della scoperta, a noi viene spontaneo chiederci se non sia il caso che la comunità scientifica focalizzi la propria attenzione su problemi più “terrestri” che attanagliano il nostro Pianeta. Non sarebbe meglio studiare dei metodi utili per consentire una vivace proliferazione di questi esseri su nostra Madre Terra? Certo, dovremmo al contempo occuparci di fermare l’uso di pesticidi, di trovare rimedio alla desertificazione galoppante o all’inquinamento delle acque che tanto danneggiano gli ecosistemi, lombrichi compresi.
La ricerca di nuove frontiere, anche nello spazio, fa parte della natura umana. Ma suona un po’ come una provocazione preoccuparsi di produrre cibo sulla Luna quando abbiamo smarrito la diritta via per produrre cibo buono e sano proprio qui sulla Terra. Prima di pensare a come produrre a chilometri zero per gli astronauti non potremmo preoccuparci di diffondere di più la cultura del cibo di stagione e locale? Prima di rendere fertile la Luna non dovremmo preoccuparci di far tornare la Terra alla sua purezza originaria?
La Nasa, nel frattempo, ha annunciato che la prossima missione lunare avverrà entro il 2024. Ci sia consentito nutrire almeno qualche dubbio sull’utilità di queste ricerche mentre la Terra rischia di soccombere a causa del cambiamento climatico. Secondo Save The Children almeno 345 milioni di persone nel mondo non hanno accesso a cibo nutriente a sufficienza, al punto che le loro vite e i loro mezzi di sussistenza sono in grave pericolo. Un Paese, insomma, ha tanti modi per dimostrare di essere un grande Paese: diffondendo modelli economici di cooperazione e di pace non basati sullo sfruttamento, ad esempio. Come recita un proverbio cinese: “Quando il saggio indica la Luna, lo stolto guarda il dito“.
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