Cai, Legambiente, WWf e Italia Nostra: “Accettare le loro pretese significherebbe cedere a una corporazione la tutela di beni pubblici e collettivi”.
Redazione
28 febbraio 2023
PISA – Da alcune settimane il mondo venatorio toscano è in fermento per le restrizioni alla caccia che potrebbero arrivare con il rinnovo del Piano integrato del Parco regionale di San Rossore. Le sezioni provinciali di Enalcaccia, Federcaccia, Libera Caccia e Arci Caccia hanno mandato una lettera agli iscritti chiedendo loro di non partecipare al bando del Parco per il reclutamento di personale da utilizzare per il contenimento degli ungulati. È andato su tutte le furie il presidente del parco Lorenzo Bani: “Le discussioni vanno bene – ha dichiarato – ma i ricatti sono inaccettabili, a maggior ragione in un momento in cui stiamo valutando le esigenze di tutti per trovare un equilibrio positivo”.
Adesso fanno sentire la loro voce le associazioni ambientaliste. “Non possono essere i cacciatori a definire i confini del parco” è il grido di allarme lanciato da CAI Toscana, Legambiente Toscana, WWF Toscana e Italia Nostra in questo comunicato congiunto.
L’attacco al Parco di Migliarino – San Rossore – Massaciuccoli di questi giorni da parte dei cacciatori è un ritorno alle polemiche anti-parco degli anni 80 e 90 del secolo scorso e, come allora, l’obiettivo è chiaro: procurare il massimo dei vantaggi agli iscritti di una “corporazione” sempre meno numerosa ma ancora ben organizzata e combattiva. Spargendo paure infondate e allarmi ingiustificati sull’aumento di alcuni animali selvatici e contrastando i metodi di controllo della fauna utilizzati dai Parchi, che sono invece molto più efficaci di quelli “offerti” dal mondo venatorio.
Con tutto il rispetto, che l’attività venatoria sia qualcosa di diverso dalla conservazione della natura lo dicono alcuni dati: più della metà delle specie di uccelli cacciabili in Italia sono sull’orlo dell’estinzione a causa del prelievo eccessivo. Riguardo ai mammiferi: l’allarme sull’aumento dei cinghiali è pretestuoso, spesso l’incremento di individui è dovuto a pratiche sbagliate come la caccia in braccata (che disgrega il branco e consente a molte più femmine di riprodursi) o a pessime pratiche di pasturazione, vietate ma persistenti in molti territori.
I Parchi, invece, attuano forme di controllo della fauna selvatica basate su studi, monitoraggi e pianificazione, per finalità pubbliche di tutela delle specie e degli ecosistemi, privilegiando laddove possibili metodi incruenti, che per questo sono avversate da una parte del mondo venatorio. Le minacce di questi giorni esternate da alcune associazioni venatorie contro quei cacciatori che collaborano con il Parco nel controllo faunistico dimostrano proprio questo: interessi corporativi contro interessi generali.
Il numero di cacciatori presenti nelle aree esterne al Parco oggi è più che dimezzato rispetto al 1989, anno di approvazione del vigente Piano del Parco, e la lieve diminuzione di superficie in cui esercitare la caccia, proposta dalla bozza di nuovo Piano, potrebbe essere facilmente accettata in una prospettiva di vantaggi per l’intera comunità e in termini di aumento della tutela delle specie selvatiche e del territorio. La pretesa delle associazioni venatorie di definire i confini dell’intero Parco è un assurdo, ma soprattutto significherebbe cedere la tutela di beni pubblici e collettivi a una corporazione che persegue gli interessi particolari di una attività privata: un prelievo in concessione di beni di proprietà pubblica.
Quella parte della politica che è tentata oggi dall’abdicare alle proprie prerogative in una logica di scambio con le associazioni venatorie, magari per vantaggi elettorali immediati, esercita male il proprio ruolo.
Sia chiaro da subito. Noi non permetteremo che siano i cacciatori e definire i confini del Parco e contrasteremo con forza e determinazione questa sciagurata eventualità.
CAI Toscana, Italia Nostra – sezione Toscana, Legambiente Toscana, WWF Toscana
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