Anche il patrimonio culturale può essere esposto a inondazioni, aumenti delle temperature e incendi ma nessuno per ora sembra preoccuparsene.
di Sandro Angiolini
4 dicembre 2022
Immagino che per molti la notizia ambientale della settimana continui a essere la frana che ha travolto più di 10 persone a Ischia. In un certo senso è così, ma non è una novità: in questo nostro Paese è ormai la regola, non l’eccezione, il fatto di non saper prevenire disastri materiali e umani come quello verificatosi nell’isola campana. Provocati in gran parte dell’azione improvvida degli uomini e in parte dagli effetti del cambiamento climatico. Ne avevo già scritto a proposito delle alluvioni nelle Marche di pochi mesi fa.
Partendo da questo episodio (a cui ne seguiranno sicuramente altri, dato il penoso stato di gestione del territorio a rischio idro-geologico in Italia), preferisco portare alla vostra attenzione un tema che ha un’origine comune, ma di cui si parla molto poco. Questa settimana infatti, all’interno della newsletter bimestrale sull’adattamento ai cambiamenti climatici pubblicata dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), è stato segnalato un rapporto recentemente uscito sui problemi/soluzioni relative alla conservazione del patrimonio culturale e monumentale, di cui fornisco il link alla sintesi in Inglese (non c’è in Italiano)
Il rapporto evidenzia soprattutto tre elementi:
– il tema della conservazione del patrimonio culturale rispetto ai danni derivanti dal cambiamento climatico è generalmente sottovalutato;
– non esiste attualmente una mappa del rischio di questo tipo di beni in nessuno Stato membro della UE;
– non esiste una cooperazione adeguata e strumenti adatti (per esempio piattaforme di scambio e discussione su metodi e strumenti disponibili) tra ministeri e dipartimenti che si occupano di ambiente e di cultura, a livello europeo e/o di singolo Paese.
Basterebbe tutto questo a far alzare immediatamente le nostre sopracciglia. La lettura delle 10 raccomandazioni del documento, pur nella loro genericità e tono diplomatico, è comunque molto utile per capire in quale direzione muoversi per migliorare lo stato delle cose, anche per tanti altri problemi (di carattere ambientale e non solo).
In sostanza, ogni Stato dovrebbe preoccuparsi non solo di investire in conservazione e restauro in senso stretto delle opere d’arte e di architettura, ma anche di cominciare a darsi delle priorità per quanto riguarda quelle opere maggiormente soggette a vari rischi climatici (come inondazioni, aumento eccessivo delle temperature con conseguente degrado dei materiali, rischi di incendio). Certo che dirlo in un Paese che ha già oltre 2.700 miliardi di euro di debito pubblico è un po’ un azzardo…
OLTRE LA SIEPE è una rubrica settimanale che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possono impattare sulla scala locale e regionale toscana.
Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.
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