Le grandi ventole che “succhiano” dall’aria l’anidride carbonica potranno aiutarci a salvare il pianeta. Nel frattempo continuiamo a piantare alberi.
di Valentino Valentini
17 settembre 2022
La giornalista RAI Giovanna Botteri sta descrivendo quello che succede a Parigi, inghiottita da un diluvio universale che nessuno si aspettava, e ci appare preoccupata, oserei dire spaventata. E fa molto bene, perché dell’attuale, grave crisi climatica pochissimi parlano e quasi nessuno sembra consapevole. Stefano Liberti, giornalista e scrittore, molto efficacemente scrive che crisi sanitaria e ambientale sono l’una conseguente all’altra e globali, causate da un modello di sviluppo non più sostenibile, fatto di deforestazione e di urbanizzazione incontrollata senza alcun riguardo per l’equilibrio degli ecosistemi.
Diciamo pure che la cultura dominante in Italia è quella dei tanti “Jovanotti”: se sei abbiente e famoso e hai potere sulle persone, con l’ambiente puoi fare quello che vuoi, circondati come siamo da una politica “ecologicamente distratta” che sta a guardare perché in tutt’altre faccende affaccendata. Eppure ecologi del livello di Franco Tassi già da qualche tempo ci stanno avvertendo che “si è ormai oltrepassata la linea rossa del consumo delle risorse, e già l’altra metà della Terra si presenta fortemente antropizzata, quindi sterile e “mineralizzata”. E lo dice a una politica oggi concentratissima a far campagna elettorale, poco o niente verso la salute degli ecosistemi.
Le soluzioni di “adattamento” sembrano invero non bastare più, e purtroppo non appaiono più sufficienti quelle che s’impegnano a ridurre le emissioni climalteranti assorbendo e fissando la CO2 attraverso la piantumazione dei nostri amici alberi: non c’è più tempo.
Scienziati e aziende già da qualche anno stanno scommettendo su altre tecnologie per “succhiare” direttamente dall’aria anidride carbonica attraverso un procedimento chiamato “DIRECT AIR CAPTURE”. Le aziende interessate sono quelle degli svizzeri della Climeworks, dei canadesi della Carbon Engineering e degli americani della Global Thermostat (sembra quasi un film di fantascienza!) Agiscono tutte sulla base di uno stesso principio: a mezzo di grandi ventole aspiranti l’aria viene fatta passare attraverso speciali filtri che assorbono e bloccano la CO2, che poi può essere stabilizzata oppure trasformata in carburante o in fertilizzante; una volta priva di anidride carbonica l’aria viene poi re-immessa in atmosfera, naturalmente con buona pace di tutti.
Le aziende asseriscono che questa è un’opzione molto interessante, anche per rendere “carbon neutral” i sistemi di trasporto che non possono ricorrere alle fonti rinnovabili, come quelli aerei e navali. Diciamo pure che c’è in Puglia un impianto del genere, realizzato sulla base della tecnologia svizzera Climeworks, già operativa da qualche anno in qua nella città pugliese di Troia. Sono tecnologie promettenti ma alquanto costose e Peter Eisenberger, cofondatore di Global Thermostat, s’è già attivato per far scendere sensibilmente i costi di produzione… ma è inutile nascondere che c’è ancora da lavorare.
Ciò posto, a noi sembra proprio che con le emergenze attuali la Dac sia prioritaria e non se ne possa fare a meno per salvare il Pianeta e con lui tutto il vivente, uomo compreso. I denari che stiamo spendendo per le imprese spaziali – senza parlare dei costi enormi delle guerre e dei danni che un clima ormai impazzito e fuori controllo stanno procurando all’umanità intera – impegniamoli nelle migliori tecnologie di cattura della CO2 a mezzo della Dac: a noi sembra proprio l’ultima spiaggia (Jovanotti permettendo…). Nel frattempo perseveriamo nel nostro compito di piantare alberi, per mitigare comunque gli effetti del cambiamento climatico e rendere le nostre città più resilienti, con un occhio alle nostre prossime “Marce degli Alberi” che confidiamo spuntino come funghi in tutta Italia attraverso una decisa presa di coscienza collettiva d’un problema la cui soluzione non può essere più rimandata, pena la rovina della nostra civiltà.
Quando pianteremo un albero, ne avremo cura e lo vedremo crescere alto e frondoso, potremo dire col famoso “colibrì” che anche noi abbiamo fatto la nostra parte, seppur piccola, per la salvezza del Pianeta. Ed essere certi che anche questo “poco” potrà fare la differenza.
Valentino Valentini, tarantino nato a Martina Franca (Ta), è un entomologo divulgazionista con una lunga esperienza di ricerca microfaunistica svolta soprattutto nelle estreme regioni meridionali d’Italia. Laureato in Giurisprudenza, è stato addetto all’Ufficio legale di un istituto di credito.
Ha istituito in San Severino Lucano (PZ) – Parco Nazionale del Pollino – il Museo Laboratorio della Fauna Minore per una maggiore conoscenza delle piccole faune del Meridione d’Italia.
Come scrittore naturalista ha pubblicato diversi saggi, da solo o con altri autori, e collabora con quotidiani e periodici, nazionali e locali, con articoli a carattere scientifico e divulgativo di argomento naturalistico.
Ha fondato nella sua città il “Comitato per il rimboschimento di Taranto” ed è stato cofondatore del “Comitato nazionale per gli Alberi e il Paesaggio”. È stato responsabile della sezione di Taranto del WWF ed è socio della Società Entomologica Italiana, dell’Associazione romana di Entomologia e di Italia Nostra.
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