Polemiche, assemblee pubbliche e ben due lettere di Italia Nostra per evitare l’abbattimento. Sulla questione interviene anche Legambiente Firenze.
Redazione
13 agosto 2022
FIRENZE – Il taglio delle alberature urbane è diventato ormai un classico caso di contrapposizione tra cittadini e associazioni ambientaliste da una parte e molte amministrazioni comunali dall’altra. Anche in Toscana sono sempre più frequenti i casi dove alle ragioni di sicurezza pubblica sostenute dai Comuni si contrappongono quelle di chi vede negli abbattimenti “facili” incompetenza e scarsa considerazione del bene collettivo.
Il ventilato taglio di 52 pini in viale Redi a Firenze ha già alle spalle settimane di polemiche, assemblee pubbliche, discussioni in Commissione e ben due lettere di Italia Nostra che sollevano dubbi e perplessità sull’operazione. Dall’assemblea pubblica che si è tenuta il 19 luglio scorso alla presenza degli assessori Andrea Giorgio e Stefano Giorgetti è emersa chiaramente la contrarietà di un vasto movimento di residenti che hanno raccolto in pochi giorni 300 firme.
Motivi di sicurezza stradale (radici sporgenti) e smaltimento delle acque piovane sono le ragioni accampate dal Comune di Firenze per motivare gli abbattimenti. Al posto dei pini verrebbero piantati Gingko biloba, alberi che secondo gli esperti hanno bisogno di parecchi anni per crescere, e l’operazione complessiva avrebbe costi molto alti.
Contro il taglio dei pini di viale Redi si schiera anche Legambiente Firenze che richiama l’attenzione sui possibili effetti microclimatici, sulla qualità dell’aria e sulla termoregolazione ambientale. Secondo Il Cigno Verde fiorentino “occorre rafforzare con risorse economiche correnti la direzione Ambiente e il settore gestione del Verde pubblico, adottare protocolli di gestione diversificata e partecipativa (patti di collaborazione), riorganizzare il vivaio comunale realizzando un centro di produzione e sperimentazione collegato alle istituzioni universitarie, gestire le trasformazioni che investono il patrimonio di aree agricole della corona periurbana, adottare un programma di riorganizzazione e armonizzazione degli interventi sulle aste fluviali”.
Un altro punto su cui insiste Legambiente è la necessità di un maggiore coinvolgimento dei cittadini in questo tipo di scelte “attraverso un percorso realmente partecipato in cui l’esperienza e la competenza delle associazioni ambientaliste e le esigenze della cittadinanza possano avere un peso reale e indirizzare così al meglio le scelte dell’amministrazione”.
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