Il piano di ANBI e Coldiretti prevede 10.000 invasi medio-piccoli entro il 2030. La Toscana seconda in Italia per numero di progetti subito cantierabili.
Redazione
12 Luglio 2022
Ormai non ha più senso parlare di emergenza. Con i lunghi periodi di siccità dovremo abituarci a convivere, che ci piaccia o no. Una strategia intelligente è quella di creare invasi e laghetti diffusi sul territorio dove accumulare l’acqua nei periodi piovosi (ne va dispersa la maggior parte) per poi utilizzarla nei periodi siccitosi.
È questo l’obiettivo del “Piano laghetti” di ANBI (l’associazione nazionale dei consorzi di bonifica) e Coldiretti, presentato qualche giorno fa a Roma, che punta a realizzare 10.000 invasi medio-piccoli e multifunzionali entro il 2030 in zone collinari e di pianura. Per la prima tranche del Piano ci sono già 223 progetti esecutivi. Tra le regioni pronte a partire c’è anche la Toscana con 34 progetti cantierabili da subito, seconda solo all’Emilia Romagna che ne ha 40.
In Toscana attualmente gli invasi sono 15 con capacità di 6,3 milioni di metri cubi: gli altri 34 che si propongono avranno una capacità totale di 32,9 milioni di mc per aumentare la superficie irrigabile di 21.940 ettari.
A livello nazionale i nuovi bacini incrementeranno di oltre il 60% la capacità complessiva dei 114 serbatoi esistenti, pari a poco più di 1 miliardo di metri cubi, contribuendo ad aumentare, e di molto, la percentuale dell’11% di quantità di pioggia che oggi viene trattenuta al suolo. L’investimento a livello nazionale per questa prima tranche del Piano Laghetti è di oltre 3,2 miliardi di euro.
«Anche in Toscana la siccità si sente, e si sente di più dove le grandi opere e i grandi invasi non sono stati realizzati – spiega Stefania Saccardi, assessore all’Agricoltura della Regione Toscana -. Firenze e una parte dell’Aretino respirano un po’ di più grazie alle dighe di Bilancino e di Montedoglio, due opere importantissime che oggi consentono di salvare un pezzo della nostra regione ma che hanno avuto una progettazione e una realizzazione travagliate. E questo è il paradigma di un Paese che su questi temi deve cambiare”.
L’ostacolo principale a quanto pare non sono le risorse ma la burocrazia, che scoraggia gli investimenti privati per i piccoli invasi aziendali e rallenta l’iter delle grandi opere pubbliche. “Per fare le grandi opere è necessario costruire regole che ci consentano di snellire le procedure – continua Saccardi -. Se non riusciamo a sburocratizzare, e la Toscana proprio in queste ore sta mettendo in piedi un gruppo di lavoro per riuscire a semplificare le norme per la costruzione di queste strutture, sarà difficile dare risposta rapida a un problema emergenziale ma che purtroppo negli anni diventerà strutturale».
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