Sul rapporto di Ambiente Italia interviene l’amministratore di una lavanderia industriale calabrese: “Tessile a noleggio più sicuro e meno impattante per l’ambiente”.
di Francesco Ferraro, amministratore unico della lavanderia industriale Ferraro di Satriano (Cz)
Chiamiamoli per nome: lavandai del tessile. Si tratta di uomini e aziende che offrono ai propri clienti un servizio complesso, facendosi carico di notevoli investimenti. La moderna azienda di lavanderia industriale offre il lavaggio e il noleggio della biancheria con un servizio su misura che si rivela indispensabile alle aziende di servizi. L’acquisto della biancheria da parte della lavanderia industriale è un investimento importante ma il cliente ha il vantaggio di non essere costretto a effettuare onerosi investimenti attraverso la stipula di un contratto di noleggio a un corrispettivo concordato.
Per poter esercitare l’attività di lavanderia, oltre a impianti, macchinari per la produzione, automezzi per la logistica e la biancheria, sono necessarie diverse autorizzazioni quali: Aua (Autorizzazione unica ambientale); sull’uso del pozzo e Cpi (Certificato di prevenzione incendi). Il mantenimento di tali autorizzazioni rende necessari controlli periodici sulle proprie emissioni in atmosfera, l’analisi delle acque di scarico e sullo smaltimento dei fanghi prodotti dagli impianti di depurazione.
Le certificazioni comprovanti il rispetto dei valori imposti dalla normative, rilasciati da laboratori accreditati o società abilitate allo smaltimento, vanno trasmessi una volta l’anno agli enti preposti per i controlli. Il cliente che si avvale della lavanderia industriale con noleggio biancheria può contare dunque su un prodotto controllato e un processo di sanificazione garantito.
Ristoratori e albergatori dibattono spesso sull’opportunità o meno di dotarsi di aree di lavaggio autonome all’interno della propria azienda o se sia opportuno ricorrere al monouso. Il lavaggio della biancheria all’interno delle strutture ricettive è un fenomeno più o meno diffuso, in molti casi praticato dopo l’installazione di un impianto fotovoltaico. Lavare in modo autonomo richiede però non solo l’impiego di energia elettrica ma di acqua e detergenti che producono un refluo inquinante che spesso non viene controllato. L’utilizzo dell’acqua di pozzo (spesso non autorizzato) fa sì che gli sversamenti nelle fognature comunali aggravino i costi collettivi per la depurazione. Le acque di pozzo presentano poi molteplici elementi di criticità e richiedono trattamenti specifici al fine di ridurre le quantità di detergenti utilizzati.
Il ricorso a prodotti monouso da parte di albergatori e ristoratori, come la carta TNT, si tramuta in cumuli di rifiuti da smaltire con costi crescenti per la collettività. Comporta anche un ingente sfruttamento delle materie prime e molte emissioni di CO2 sia in fase di produzione che di smaltimento. E’ discutibile poi il dilagante uso di tovagliette e tovagliato in plastica e similpelle da parte delle aziende dell’ospitalità, anche perché nessuno si fa molte domande sulla loro igienizzazione e sul rilascio di microplastiche durante il lavaggio in lavastoviglie o in lavatrice. Un Paese che dovrebbe preservare territorio e ambiente sciupa tutto inseguendo un finto risparmio ma ciò non sfugge ai turisti in visita. Quante contraddizioni.
Francesco Ferraro è da sempre lavandaio nell’azienda di famiglia e dal 2012 ricopre la carica di amministratore unico della lavanderia industriale Ferraro. Fino al 2014, anno delle sue dimissioni, ha fatto parte della sezione turismo di Assosistema, l’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese di produzione, distribuzione, manutenzione dei dispositivi di protezione individuali e collettivi e di servizi di sanificazione e sterilizzazione dei dispositivi tessili e medici utilizzati in ospedali, case di cura, cliniche private, hotel, ristoranti, industrie e ambienti confinati.
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