Secondo i ricercatori la raccolta differenziata è maggiore dove c’è meno corruzione e ci sono più donne che amministrano la cosa pubblica.
Redazione
PISA – Secondo il Rapporto Rifiuti Urbani con i dati aggiornati al 2020 sulla raccolta differenziata redatto dal Centro Nazionale dei Rifiuti e dell’Economia Circolare e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), la raccolta differenziata toscana con il 60,2% è ancora al di sotto della soglia obbligatoria europea del 65% che si sarebbe dovuta raggiungere entro il 31 dicembre 2012. A livello nazionale i rifiuti urbani prodotti nel 2019 ammontano a circa 30 milioni di tonnellate (circa 500 kg per abitante). La raccolta differenziata italiana nel 2019 è aumentata di +3,1 punti rispetto al 2018 raggiungendo il 61,3%. L’organico si conferma la frazione più raccolta con il 39,5% del totale.
Sempre secondo il rapporto ISPRA, nel 2019 il 50% dei rifiuti raccolti in maniera differenziata sono stati inviati a impianti di recupero. Nel 2019 erano 345 gli impianti di gestione dei rifiuti urbani. Di questi 130 sono impianti per il trattamento meccanico o meccanico biologico dei rifiuti, 131 sono impianti di discarica a cui si aggiungono 37 impianti di incenerimento e 15 impianti industriali che effettuano il coincenerimento dei rifiuti urbani. Il 21% dei rifiuti urbani è smaltito in discarica (quasi 6,3 milioni di tonnellat), il 18% è incenerito (oltre 5,5 milioni di tonnellate). L’esportazione dei rifiuti interessa il 2% dei rifiuti urbani prodotti a livello nazionale.
La raccolta differenziata in Italia è però maggiore dove c’è meno corruzione e maladministration e ci sono più donne che amministrano la cosa pubblica. E’ quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Waste Management, condotto dalla professoressa Giulia Romano dell’Università di Pisa insieme a un gruppo di economisti delle università di Firenze, Chieti-Pescara e L’Aquila.
La ricerca ha analizzato i dati di 103 province italiane nell’arco di dieci anni, dal 2007 al 2016, considerando una serie di fattori socioeconomici. Dai risultati è emerso che il tasso di raccolta differenziata è maggiore dove i reati contro la pubblica amministrazione sono più perseguiti, dove ci sono più donne elette nei consigli comunali e dove gli abitanti hanno reddito, età e titolo di studio più alti. Al contrario il tasso di raccolta differenziata è minore quando aumentano la numerosità dei nuclei familiari, il tasso di disoccupazione giovanile, la produzione di rifiuti pro capite e il ricorso alle discariche.
“I risultati mostrano che le donne, nel loro ruolo di consigliere comunali, sono più sensibili degli amministratori uomini nel raggiungere gli obiettivi previsti di raccolta differenziata – spiega Giulia Romano –. E l’essere donne vale ancora più che essere giovani: la nostra analisi ha mostrato che il genere incide di più rispetto all’età nel promuovere comportamenti ambientalmente virtuosi”.
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