Non si può parlare di percorsi partecipativi quando tutto è già stato deciso e si chiamano i cittadini a scegliere solo su questioni secondarie.
di Eros Tetti, co-portavoce Europa Verde Toscana
La partecipazione è un punto fondante dello statuto della Regione Toscana a cui è dedicato tutto il Titolo VIII composto da ben 7 articoli. Questo pilastro ha poi fatto nascere, e non poteva essere diversamente, la nota legge regionale sulla partecipazione, uno strumento apparentemente moderno che dovrebbe aiutare la transizione da una democrazia rappresentativa a una democrazia sempre più reale e partecipata.
Nei principi pertanto la Regione Toscana si fregia di essere all’avanguardia. Tuttavia, dopo vari anni di attività sui territori e tra i comitati, devo ravvisare come questa sia solo facciata e in pratica vuota di sostanza. In estrema sintesi, i percorsi partecipativi vengono usati solamente quando fanno comodo o per decidere su progetti già allo stadio finale dove si chiama il cittadino a scegliere su questioni secondarie, per esempio se per una determinata struttura preferiamo le finestre gialle o rosse, banalizzando di fatto il processo partecipativo stesso.
Non chiediamo, ovviamente, che un’amministrazione faccia partecipazione su tutte le scelte che deve compiere e governare, condannandola all’ingessatura, però di sicuro sui temi più sentiti, e soprattutto dove si aprono grosse vertenze o su progetti che avranno un forte impatto sugli abitanti di quell’area, questo è politicamente ed eticamente “obbligatorio”.
Prendo ad esempio un caso emblematico come quello di Lucca, che ho seguito da vicino, dopo che i comitati locali hanno raccolto oltre 1.400 firme per decidere sul futuro della ex Manifattura tabacchi e al contempo usarlo come perno per riflettere sul futuro della città stessa. Il percorso non viene poi approvato – oltretutto dopo aver ottenuto un giudizio positivo dal Garante regionale per la Partecipazione – perché l’amministrazione non ha dato parere positivo, il che per la legge regionale è un veto fondamentale.
Ritengo assolutamente aberrante questa modalità di azione e di funzionamento che blocca di fatto un processo importante di cittadinanza attiva e riconsegna il futuro della città alla democrazia rappresentativa, oggi più che mai barricata e lontana dai cittadini e sempre meno rappresentativa.
Sono evidenti i limiti della legge regionale che risulta una mera foglia di fico e andrebbe rivista per facilitare certi processi e non ovviamente per peggiorarla ulteriormente, come qualcuno propone da un po’.
Per noi di Europa Verde la partecipazione è un motore imprescindibile della democrazia reale e non possiamo accettare che certi processi sociali vengano soffocati con questa facilità, soprattutto davanti all’attuale fallimento della politica nella difesa e cura del territorio, sia locale che nazionale e all’assoluta mancanza di azioni per fronteggiare la crisi climatica e ambientale che dobbiamo affrontare. Per non parlare poi, tema oggi più che mai sentito, dello smantellamento della sanità.
Invito pertanto i territori ad auto-organizzare i percorsi partecipativi che avevano immaginato, in piena visione di autogoverno, e a coinvolgere più persone possibili per far emergere, puntando sull’intelligenza collettiva, quello a cui nessuno aveva ancora pensato e farlo diventare proposta concreta, con cui gli eletti non potranno non confrontarsi.
Dunque laddove i cittadini chiedano di partecipare e di essere protagonisti del futuro dei propri luoghi di vita i percorsi partecipativi, nel limite del ragionevole, devono esser lasciati svolgere. Starà poi ai rappresentanti politici capire come gestire e comporre al meglio il risultato che ne emerge. Altrimenti il messaggio che passa è unico e inequivocabile, “non disturbate il manovratore”.
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