Apuane Libere sugli industriali del marmo: “Nessuno di loro è mai stato condannato per reati contro l’ambiente”.
di Gabriella Congedo
MASSA CARRARA – Gli ultimi due giorni è bastata un po’ di pioggia perché Massa finisse sott’acqua, con strade e piazze completamente allagate e macchine e persone bloccate nei sottopassi.
Ma da queste parti c’è un altro effetto perverso che la pioggia porta con sé: i fiumi che scendono dalle Apuane diventano bianchi. Il colore è dovuto agli sversamenti di marmettola, un mix derivante dalla mescolanza tra scarti di lavorazione del marmo, terre di cava e acqua. Altamente inquinante, tant’è che in grosse quantità la marmettola cementifica gli alvei, occlude le branchie dei pesci e soffoca ogni forma di vita.
Come sono messi i fiumi del territorio in questi giorni lo si vede bene nelle foto scattate da Elia Pegollo il 16 settembre e pubblicate sulla pagina Facebook dell’associazione Apuane Libere. Va da sé che quella fanghiglia mortifera poi si riverserà in mare.
Ma è normale che questo accada? No che non lo è. Le cave di marmo – tutto qui è subordinato alle loro esigenze – dovrebbero smaltire gli scarti di lavorazione come rifiuti speciali in apposite discariche ma spesso non lo fanno e li abbandonano nei piazzali, da dove le piogge li trascinano via. Poco importa se dopo un controllo o una segnalazione arriva una multa o la sospensione dell’attività per qualche giorno. Si riga dritto per un po’ e poi si ricomincia.
Gli ambientalisti sono anni che denunciano quest’andazzo. E non solo loro. Nel suo ultimo report del 2020 sui fiumi delle Apuane Arpat, l’Agenzia regionale di protezione ambientale, lo dice chiaro e tondo: questi corsi d’acqua hanno perso “qualsiasi caratteristica di naturalità” e la causa è da ricondurre all’attività estrattiva (leggi qui l’articolo).
Ci saranno delle responsabilità in questa situazione? Ci sono eccome, denuncia Apuane Libere. Dalla politica locale e regionale alla gestione del parco regionale delle Alpi Apuane passando per i sindacati, l’elenco è lungo. Infine nel mirino dell’associazione ambientalista ci sono loro, gli “intoccabili” industriali del marmo, ai quali “alle brutte vengono comminate delle sanzioni pecuniarie (se troppo alte tanto non le pagano). Se gli indichi i fiumi bianchi di marmettola, da loro provocata, ti liquidano con “ma non è niente è una cosa naturale“, nessuno di loro è mai stato condannato per reati contro l’ambiente”.
Eppure una soluzione prima o poi andrà trovata. Se non è possibile chiudere l’attività estrattiva da un giorno all’altro occorre però far rispettare le leggi e impedire gli abusi, sul serio. Contro chi abbandona marmettola e terre di cava nell’ambiente gli strumenti ci sarebbero: la sospensione dell’attività e, infine, il ritiro della concessione. Ma non vengono applicati. E anche le sanzioni pecuniarie sono irrisorie. Sarebbe ora di cambiare sistema, a nessuno può essere riconosciuta la licenza di inquinare.
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