Il presidente di Apuane Libere Gianluca Briccolani: “Giorno di festa per l’ambientalismo apuano ma i danni devono essere risarciti”.
Redazione
VAGLI DI SOTTO (Lu) – Sulle Alpi Apuane c’è una cava che non riaprirà più. Il Parco ha respinto il nuovo progetto di coltivazione del marmo di “Cava Borella”, nel bacino estrattivo Monte Pallerina nel Comune di Vagli di Sotto. A darne notizia è l’organizzazione di volontariato Apuane Libere che con i propri attivisti si è opposta al progetto.
La storia di questo sito estrattivo parte da lontano. “Cava Borella è stata lavorata fino al secondo dopoguerra e successivamente dismessa nel 1980 – racconta l’associazione – Poi nel 1996 fu progettato un lodevole recupero del sito estrattivo da destinarsi a eventi e spettacoli culturali e per la cui realizzazione furono impiegati 280 milioni delle vecchie lire (il sito fu utilizzato come spazio espositivo dal 1998 al 2007). Successivamente l’amministrazione Puglia – di comune accordo con quell’ente che dovrebbe proteggere la natura all’interno dei suoi confini – nel 2011 delibera la riattivazione di questo sito già rinaturalizzato e posto in un’incantevole zona boschiva alla testata della Valle di Arnetola”.
E così nei nove anni successivi lo scempio ambientale secondo Apuane Libere avrebbe avuto libero corso: “Le lavorazioni delle tre ditte succedutesi hanno completamente stravolto gli ecosistemi della zona arrivando anche a intercettare cavità carsiche senza darne comunicazione, demolire un anfiteatro naturale destinato a uso pubblico, praticare scavi abusivi in Zone a Protezione Speciale e falcidiare un’intera faggeta senza permesso alcuno”.
“Oggi è un giorno di festa per tutto l’ambientalismo apuano – esulta Gianluca Briccolani presidente dell’associazione – e ci permettiamo di dedicare questo grande risultato a coloro che per chiedere la verità sulla vicenda di cava Borella sono stati ignobilmente trascinati in tribunale”.
Rimane aperta una questione, e non di poco conto: i danni ambientali ed erariali adesso chi li paga? “È chiaro che non può finire a tarallucci e vino – continua Briccolani – ed è per questo che vogliamo appellarci agli organi competenti in materia risarcitoria affinché anche l’ultima ditta concessionaria del sito estrattivo, la Faeto Escavazioni, rifonda all’erario i frutti marci di quegli scavi abusivi in galleria e in difformità all’originario piano di coltivazione, il cui danno economico non è stato mai risarcito”.
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