Dietro l’enorme diffusione dei prodotti mono-uso c’è una tendenza culturale dura da sconfiggere. Per evitare il disastro bisogna fare molto di più.
di Sandro Angiolini
In questi giorni entra in vigore nei Paesi membri dell’Unione Europea la cosiddetta “Direttiva antiplastica SUP (Single Use Plastic)”, tesa a bloccare l’uso delle plastiche usa-e-getta (piattini, cucchiaini e via dicendo). È una misura sacrosanta che cerca di mettere un limite al crescente inquinamento dovuto alla plastica, soprattutto nei nostri corsi d’acqua e nei nostri mari e oceani (ricordo a chi non lo sapesse che in questi ultimi circola da tempo una massa di plastica pari alla superficie dell’intera Francia…).
Basterebbe riflettere bene su queste poche righe iniziali per comprendere meglio i termini del problema. Innanzitutto notiamo che si tratta di una norma europea: questo non impediva all’Italia di adottarne una simile già anni prima, ma non l’ha fatto. E qualcuno probabilmente si ricorda le critiche feroci che alcuni partiti hanno rivolto al precedente Governo, che voleva appunto introdurre una minima tassa sulla produzione di plastiche non biodegradabili (all’insegna del motto demagogico: “No, nuove tasse mai !”).
Poi sarebbe il caso di ragionare sulla circolazione dei prodotti mono-uso. In qualche caso sono indubbiamente utili, essenzialmente per ragioni igienico-sanitarie. Ma la sensazione è che alla base della loro diffusione ci sia una tendenza culturale dura da sconfiggere: ognuno è libero di fare ciò che vuole e di gettare poi i suoi rifiuti dove gli pare, tanto ha già pagato per quel prodotto. Per la classica serie: “Occhio non vede, cuore non duole”.
Si tratta di un approccio molto diffuso, almeno a giudicare da ciò che si rinviene lungo i bordi di strade e stradine, e decenni di campagne di educazione ambientale non sembrano aver ridotto in maniera significativa questo fenomeno. Secondo me dovremmo lanciare delle competizioni per idee innovative tese a cercare perlomeno di ridurlo. Ci sono già dei progetti interessanti in giro (di solito finanziati proprio dall’Unione Europea), ma la gravità della situazione suggerisce di impegnarsi maggiormente.
Questo ci conduce a due riflessioni finali. Da un lato è perlomeno curioso che un Paese e una Regione come i nostri, così attenti mediamente alla qualità agro-alimentare, non si siano impegnati di più nel promuovere l’uso di posate riciclabili e di altri strumenti per diminuire l’uso delle plastiche a tavola. Dall’altro sorprende che, quando noi andiamo al supermercato o in altri negozi del settore, ogni fettina di prosciutto e ogni pezzo di formaggio ci siano serviti avvolti da 1-2-3 strati del sottile derivato del petrolio. Siamo proprio sicuri che non ci sia un’alternativa valida e meno inquinante per conservare il nostro cibo?
La recente direttiva europea evidentemente ritiene di sì.
OLTRE LA SIEPE è una rubrica settimanale che parte da eventi/notizie relative all’ambiente e all’economia su scala nazionale o internazionale per riflettere su come queste possono impattare sulla scala locale e regionale toscana.
Sandro Angiolini – Figlio di mezzadri, è agronomo ed economista e ha conseguito un Master in Politiche Ambientali presso l’Università di Londra (Wye-Imperial College). Ha scritto numerosi articoli sui temi dello sviluppo rurale e sostenibile e tre libri sull’agriturismo in Toscana. Per 29 anni funzionario presso amministrazioni pubbliche, svolge attualmente attività di consulente economico-ambientale e per lo sviluppo rurale integrato, in Italia e all’estero, oltre a varie iniziative formative e di comunicazione. È fortemente impegnato nel settore del volontariato ambientale e culturale.
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