Opinioni

Una riflessione dopo il Primo Maggio: e se lavorassimo tutti di meno?

Quarto stato-lavoratori

Oggi più che mai c’è bisogno di poco lavoro ma per tutti. Questo risolverebbe molti problemi, a cominciare dalla disoccupazione.

 

di Rosario Floriddia

Domenica 25 aprile con Sonia, la mia signora, in Vespa siamo andati a trovare Paul “il fiammingo”. La sua casa è isolata da boschi, piccoli campi a prato pascolo e tanti ulivi.
Dopo varie chiacchiere e bicchieri di vino bianco frizzante, Paul con l’aiuto dello ‘psicologhe’, un suo amico che lo ha accompagnato dal Belgio, ci fa vedere tante foto di nostri paesani che si sforzano a strizzare il proprio cellulare sperando che cada olio di oliva in un bricco sottostante.
Di olio nemmeno una goccia.

Paul e lo ‘psicologhe’, soprannome messo dopo pochi sorsi di vino, ci fanno vedere un’ultima foto che non è altro che un poster raggruppante tutte le foto con un grosso titolo che comunica: “Dal telefonino non esce olio d’oliva”.
Subito Paul ci dice che ha fatto tutto questo per invitare i giovani del paese a potare e pulire gli ulivi e poi a raccogliere le olive.
Ci dice anche che lui, oramai più che cinquantenne, da anni dedica non più di quattro ore al giorno al lavoro. Quindi riesce a trovare il tempo e la voglia anche per fantasie e confronti con tante persone.

Poco prima che io iniziassi a scrivere questo pensiero, dal calendario a pacchetto che tengo sulla scrivania, di quelli che tutti i giorni devi staccare un foglio dove è scritta la data e un breve pensiero, vedo: “Ciò di cui un Paese ha bisogno sono unghie più sporche e menti più pulite”.
Devo dire, per esperienza sul campo, che sporcarsi le unghie è un gran piacere se poi hai il tempo di pulirtele e pensare a quanta armonia porta il tuo lavoro manuale.

Oggi, più che mai, c’è un gran bisogno di poco lavoro ma per tutti. Una riduzione dell’orario di lavoro porterebbe a due grandi conseguenze positiveniente disoccupatiun tempo lungo per poter riflettere e testare come gestire al meglio politiche sociali ed economiche.
Non avremmo il forte rischio di costruire ulteriori ‘mostri’ che ci erodono il pianeta e ci sporcano ancor di più le menti. Se non si reagisce è “un gran lavorone”.

 

Rosario FloriddiaRosario Floriddia conduce insieme al fratello Giovanni l’azienda agricola Floriddia, convertita al biologico nel 1987. Rosario fa parte attiva della Rete Semi Rurali e del Coordinamento toscano produttori biologici. Si occupa della selezione dei cereali di vecchie varietà e della loro coltivazione in campo collaborando strettamente con Stefano Benedettelli, genetista dell’Università di Firenze, e Giovanni Cerretelli, agronomo e storico propugnatore del metodo della coltivazione biologica in Toscana. L’azienda sorge sulle colline pisane della Valdera, tra Peccioli e Villamagna di Volterra, su 300 ettari di terreno. Informazioni: ilmulinoapietra.com