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Emissioni distilleria Deta, gli attivisti ricorrono al Tar: ipotesi inquinamento

Il Comitato per la tutela e la difesa della Valdelsa ricorre al Tar con la distilleria Deta

Il Comitato per la tutela e la difesa della Valdelsa porta in giudizio la Regione Toscana e il Comune di Barberino Tavarnelle.

 

Redazione

BARBERINO TAVARNELLE (Fi) – I fumi densi e maleodoranti prodotti dalla distilleria Deta non sono una novità, da tempo gli abitanti della zona tra Vico d’Elsa e Poggibonsi se ne lamentano. Il Comitato per la tutela e la difesa della Valdelsa ha deciso adesso di chiedere al Tribunale amministrativo della Regione Toscana (TAR) l’annullamento delle autorizzazioni all’ampliamento ottenute dall’azienda. Nello specifico, informa il Comitato, si chiede l’annullamento “del decreto del Settore autorizzazioni ambientali della Direzione ambiente ed energia della Regione Toscana n. 2582 del 19 febbraio 2021 avente a oggetto l’aggiornamento dell’Autorizzazione unica ambientale e l’annullamento del permesso di costruire n. 2021/012 del 23 marzo 2021 rilasciato dal Comune di Barberino Tavarnelle per lavori di manutenzione straordinaria all’impianto di trattamento fumi e odori (emissioni E1)).

“I fatti che riguardano lo scandalo del comprensorio toscano del cuoio ci stanno preoccupando – dicono i portavoce del comitato – anche perché le istituzioni coinvolte nell’inchiesta sono quelle del settore Ambiente che controlla l’operato dell’Arpat, l’ente che rilascia le autorizzazioni ambientali”. L’impatto ambientale dovrebbe essere mitigato da nuove tecnologie all’avanguardia e dalla costruzione di una ciminiera di 60 metri alla Zambra, sotto Vico d’Elsa, al posto del camino attuale di 20 metri. Soluzione proposta da Arpat che impedirebbe ai fumi di ristagnare in basso.

Ma il Comitato per la tutela e la difesa della Valdelsa non ci sta. “Con l’AUA del 19 febbraio scorso – spiegano – si consente a Deta di passare da 35.000 a 75.000 Nmc/h di emissioni al camino principale E1. Vuol dire che si consente di raddoppiare il volume delle vinacce lavorate, da 40/44.000 a 85/95.000 tonnellate. Inoltre si concede ancora di passare da 150 a 300 giornate lavorative all’anno, quindi un potenziale ulteriore raddoppio della produzione”.

“Le analisi fatte sono state limitate a quelle previste per legge, non sono state analizzate altre polveri fini – conclude il comitato -. Un aspetto non considerato dai tecnici, in sede di conferenza dei servizi, è quello di aver tenuto presente i soli inquinanti dichiarati dall’impresa senza valutare altri che potrebbero essere emessi dall’impianto. Non ci risulta sia stata fatta un’indagine complessiva sulla reale composizione di questi fumi e siamo preoccupati per la salute”.

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