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Extinction Rebellion Firenze: i soldi ai fossili non sono un pesce d’aprile…

Extinction Rebellion Firenze: i soldi ai fossili non sono un pesce d'aprile...
Foto da pagina facebook Extinction Rebellion Firenze.

Il 1° aprile alle 15 in piazza Salvemini a Firenze l’associazione organizza una manifestazione creativa, pacifica e non violenta. 

 

FIRENZE – Riceviamo e pubblichiamo il comunicato di Extinction Rebellion Firenze nel quale l’associazione denuncia il  sostegno di istituti bancari e istituzioni assicurative e finanziarie all’industria fossile.

Il 1° aprile dalle ore 15 alle 18 in piazza Salvemini a Firenze Extinction Rebellion Firenze svolgerà una performance creativa pacifica /un’azione non violenta per denunciare il contributo della finanza alle emissioni fossili. Gli attivisti di XR Firenze faranno un’azione simbolica in contemporanea con XR nel resto d’Europa e nel mondo.

La finanza, il terzo inquinatore più grande. In Italia la finanza rappresenta il terzo emittore globale di CO2. Banche e istituzioni assicurative e finanziarie stanno contribuendo all’aggravarsi della crisi climatica ed ecologica. Generano un volume di gas serra simile a quello del settore energetico e superiore a quello dell’intero comparto industriale. In particolare, Unicredit e Intesa Sanpaolo sono i principali responsabili (80%) delle emissioni causate da banche e investitori in Italia. Generali Assicurazioni (Trieste), oltre a investire nelle società fossili, fornisce anche coperture assicurative ai loro progetti, come nel caso delle centrali a carbone della polacca PGE e la Ceca CEZ, che stanno ostacolando attivamente la transizione energetica nel continente europeo. Intesa e Unicredit continuano a prestare miliardi a chi continua a realizzare nuove centrali e miniere a carbone, come la tedesca RWE e la finlandese Fortum.

La bolla del carbonio. Cambiare il sistema costruito sull’energia dei combustibili fossili, che sta portando il pianeta verso il collasso climatico e degli ecosistemi, è auspicabile anche da un punto di vista economico. Secondo il Financial Times, le banche e gli investitori che non ridurranno rapidamente la propria esposizione ai combustibili fossili rischiano di perdere fino a 900 miliardi di dollari. A detta della Banca d’Inghilterra, il valore degli investimenti a rischio potrebbe essere fino a venti volte superiore. È la cosiddetta “bolla del carbonio” il cui impatto sarebbe ben superiore a quella immobiliare che ha innestato la crisi finanziaria del 2008. Le compagnie più esposte sono quelle che, ancora oggi, investono in infrastrutture e ricerca di nuovi giacimenti. Intesa, continuando a finanziare il settore, non solo contribuisce a destabilizzare il clima, ma mette a rischio, in maniera irresponsabile e poco lungimirante, i propri investitori e indirettamente tutti i cittadini. I dati a conferma del trend non mancano: l’industria del carbone americana ha perso circa il 90 per cento del proprio valore nell’ultimo decennio. Non va molto meglio alle major di petrolio e gas, il cui indice azionario ha dimezzato il proprio valore dal 2015 al 2019.

Decarbonizzazione. È nel loro stesso interesse dirottare i soldi oggi investiti nel fossile in una nuova economia e società. Se queste istituzioni riorientassero il loro sostegno a favore della transizione energetica, potrebbero dare una spinta cruciale alla decarbonizzazione dell’economia.

Richieste dei cittadini. Una spinta in questa direzione può arrivare dai clienti stessi delle banche attraverso la richiesta formale di disinvestire dal fossile e lo spostamento dei propri risparmi verso una banca più attenta, se la richiesta non dovesse essere accolta. Il movimento per il disinvestimento dal fossile utilizza proprio questa strategia per combattere la crisi climatica. L’impatto finanziario, secondo diverse ricerche, non sembra essere rilevante, mentre molto forte è il danno di immagine e soprattutto il contributo che queste campagne hanno sullo spostamento del discorso pubblico verso una maggiore consapevolezza del danni provocati dai combustibili fossili.

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