L’azienda ha chiesto di potersi ampliare ma i residenti lamentano fumi densi e maleodoranti. Il Comitato per la Difesa della Valdelsa: “A rischio il turismo”.
di Gabriella Congedo
BARBERINO TAVARNELLE (Fi) – Sulla questione della distilleria Deta in Valdelsa un tavolo di confronto si è tenuto alcuni giorni fa tra i sindaci di Barberino Tavarnelle, Poggibonsi, Certaldo e San Gimignano, la Regione Toscana, Arpat e la Deta. All’ordine del giorno la richiesta di ampliamento avanzata dall’azienda – praticamente un raddoppio – e le misure per migliorare l’impatto ambientale dell’impianto: fumi densi e maleodoranti di cui da tempo si lamentano gli abitanti della zona compresa tra Vico d’Elsa e Poggibonsi. L’incontro si è concluso, a quanto si apprende dalle note ufficiali, con la prospettiva di un protocollo d’intesa da stipulare tra le parti.
“Un protocollo d’intesa nebuloso, del quale non si conoscono presupposti e contenuti” taglia corto il Comitato per la Tutela e la Difesa della Valdelsa: un gruppo di cittadini e imprenditori della zona costituitosi il mese scorso con l’intenzione di vederci chiaro sulla richiesta di raddoppiare le giornate di produzione della distilleria Deta (acquisita dal gruppo Manzari nel 2017) dalle attuali 150 a 300 l’anno e sugli effetti della costruzione di una ciminiera di 60 metri in località Zambra, sotto Vico d’Elsa, al posto del camino attuale di 20 metri.
“Noi convivevamo da anni con la distilleria – spiegano dal Comitato -. C’era una specie di tacito accordo per cui l’attività cominciava con la vendemmia e finiva all’incirca a marzo, quindi nel periodo di minor affluenza turistica. I nuovi proprietari invece vogliono lavorare 300 giornate all’anno e noi giorno, notte e festivi siamo invasi da fumi maleodoranti”.
Con il cambio di proprietà già dai primi di febbraio del 2018 sarebbero iniziati i problemi: fumi più densi e sgradevoli, una maggior quantità di vinacce lavorate e stoccate.
Adesso la richiesta di un raddoppio delle giornate di produzione, lungi dal portare nuova occupazione, dice il Comitato, metterebbe a rischio migliaia di posti di lavoro nel settore ricettivo, vitivinicolo e nell’indotto con il rendere il territorio meno attrattivo per i turisti. Per non parlare del pugno in un occhio rappresentato dalla nuova ciminiera che si vedrà anche da San Gimignano. “Le attività ricettive e agrituristiche – fanno notare – già colpite dalla crisi legata al Covid-19, sono ora fortemente minacciate dal piano espansionistico dell’azienda Deta”.
Non convincono infine le assicurazioni di sviluppo sostenibile e nuovi metodi di lavoro da parte dell’azienda: “Ad oggi, più di queste vuote parole, contano i fatti e quanto è accaduto negli scorsi anni: emissioni odorose insopportabili in tutta l’area, centinaia di tonnellate di vinacce stoccate a cielo aperto, fumi densi che escono dalla ciminiera e la richiesta di un aumento esponenziale della propria attività. Come si fa a non essere preoccupati?”.
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