È un pesce raro che solitamente vive lontano dalla costa. L’esemplare non è sopravvissuto e sarà analizzato da ARPAT e dall’Università di Siena per studiare la presenza di eventuali contaminanti.
Porto Santo Stefano (GR) – Un grosso esemplare di aguglia imperiale (Tetrapturus belone) è stato recuperato all’interno del porto di Porto Santo Stefano. Nella giornata di lunedì 8 maggio l’animale era stato notato, ancora vivo, e la sua presenza segnalata ad ARPAT dalla Capitaneria di Porto. Personale esperto dell’Acquario Mediterraneo dell’Argentario di Porto Santo Stefano è stato coinvolto per un tentativo di riportare il grosso pesce in acque libere.
Il subacqueo esperto Alessandro Tommasi, vicepresidente dell’Accademia Mare Ambiente (A.M.A.) che gestisce l’acquario, si è immerso in acqua per tentare di liberare il pesce che si era incastrato, nel frattempo, nelle strutture galleggianti del porto. Per l’aguglia imperiale, però, non è stato possibile fare più niente.
Data la difficoltà di avvistare o pescare questo pesce e la sua rarità in acque costiere, l’esemplare risulta di notevole interesse ed è stato recuperato dai biologi del Settore Mare di ARPAT di Livorno per verificare alcune sue caratteristiche, la presenza di eventuali contaminanti nelle carni e provare a capire il suo stato di salute.
L’aguglia imperiale è un grosso pesce pelagico (cioè vive al largo in acque aperte senza nessun rapporto con il fondo), migratore e veloce nuotatore. Nonostante il nome, non ha nulla in comune con l’aguglia, è infatti uno stretto parente dei marlin dei mari tropicali.
L’esemplare recuperato a Porto Santo Stefano è lungo 1,72 m, pesa 21 kg ed è una femmina adulta, che sembra si sia riprodotta da poco tempo. Nel suo stomaco sono state individuate tracce di un pasto recente che saranno attentamente analizzate.
Alcuni campioni (muscolo, branchie, fegato, reni, gonadi) verranno inviati anche all’Università di Siena per ulteriori analisi sui contaminanti e la ricerca di sostanze provenienti da plastiche e microplastiche eventualmente ingerite.
Fonte: ARPAT
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