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Caos mascherine a scuola, la garante per l’Infanzia della Toscana scrive ad Azzolina

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La norma non è affatto chiara su quali tipologie siano ammesse e quali no mentre aumentano le proteste dei genitori. E poi c’è il problema, enorme, dell’usa-e-getta.

 

di Gabriella Congedo

Quali tipologie di mascherine sono ammesse a scuola e quali no? Alzi la mano chi ci ha capito qualcosa. L’uso delle cosiddette mascherine ‘di comunità’ – ovvero quelle che nel Dpcm del 26 aprile scorso sono identificate come “monouso o lavabili, anche auto-prodotte, in materiali multistrato idonei a fornire un’adeguata barriera e, al contempo, che garantiscano comfort e respirabilità, forma e aderenza adeguate che permettano di coprire dal mento al di sopra del naso” – è al centro di un intervento della Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Toscana Camilla Bianchi.

La norma non chiarisce infatti quali tipologie di mascherine sono ammesse a scuola e la Garante continua a essere sommersa dalle segnalazioni dei genitori. Nella speranza di capire meglio quali dispositivi gli alunni possono utilizzare durante le lezioni, Bianchi ha scritto alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e agli assessori regionali alla Salute e alla Scuola Simone Bezzini e Alessandra Nardini.
“La concreta applicazione delle misure adottate dal Governo – scrive la Garante – sta determinando varie criticità tra cui, con riguardo alle persone di minore età, quello relativo all’uso e alla tipologia delle mascherine da indossare nelle scuole ove l’attività didattica ed educativa si svolge in presenza”.

Bianchi solleva anche il problema dell’opportunità di un uso prolungato delle mascherine quando i ragazzi sono fermi al banco: “Ho già evidenziato al presidente Giuseppe Conte il reciso e sempre più crescente dissenso da parte dei genitori, i quali assumono che tale circostanza produrrebbe seri effetti negativi sul piano sia fisico che psicologico, affinché possa valutare l’opportunità di adottare gli eventuali provvedimenti del caso”.
“Per ciò che riguarda invece – si legge ancora nella lettera – la tipologia di mascherine da indossare, ritengo di segnalare come si stiano verificando dei forti contrasti interpretativi tra genitori e dirigenti scolastici, che finiscono con il riverberare i propri effetti negativi sulle persone minori di età”.

Il dato di riferimento citato dalla Garante è contenuto nel comma 7 dell’articolo del Dpcm emanato il 3 novembre. “Come si evince dal dato testuale, la norma non dispone in modo chiaro e inequivocabile che le mascherine di comunità siano le uniche ammesse, in quanto la locuzione “anche” può indurre a ritenere che siano consentite ulteriori tipologie non espressamente nominate, quando risultino in grado di assicurare comunque gli effetti voluti” spiega Bianchi.

Anche la nota diramata il 9 novembre dallo stesso ministero “non fornisce indicazioni utili al riguardo”. Per tale motivo la Garante chiede alla ministra, “pur nella consapevolezza delle numerose e gravi problematiche che in questo momento è chiamata complessivamente ad affrontare”, di “valutare l’opportunità di adottare i necessari provvedimenti chiarificatori”.

Sulla questione delle mascherine a scuola ha invece le idee molto chiare Zero Waste Italy: no all’usa e getta, sì alle alternative lavabili. Proprio facendo leva sulle ambiguità della norma il movimento guidato da Rossano Ercolini ha predisposto un modello di lettera per i dirigenti scolastici con il quale i genitori possono richiedere la distribuzione agli alunni di mascherine lavabili al posto di quelle monouso.
“Non è vero – spiega Ercolini – che in classe si debba stare solo con le mascherine usa-e-getta: i documenti ufficiali le consigliano ma non c’è traccia di obbligo”. Il modello alternativo proposto da Zero Waste è quello della cooperativa sociale Eta Beta di Bologna che ha messo a punto un sistema certificato di noleggio e lavaggio dei dispositivi medici.
Adesso, con il perdurare della pandemia, il problema si pone con maggiore forza.

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